Se l’oste ar vino c’ha messo l’acqua… è colpa del Vaticano!

da | CULTURE

A Roma, se ti siedi a un’osteria e senti qualcuno dire “se l’oste ar vino c’ha messo l’acqua…”, sappi che non è solo uno stornello. È storia, è tradizione, è il genio creativo (e truffaldino) dei romani che sfida il potere. E, soprattutto, è colpa di Papa Sisto V.

Correva l’anno 1588 e il Pontefice, preoccupato dall’eccessivo consumo di vino e dalle risse da osteria che puntualmente finivano con qualche naso rotto e, nei casi più movimentati, qualche morto ammazzato, decise di mettere ordine. E quando diciamo ordine, intendiamo tassa. Perché, si sa, se vuoi far smettere qualcosa agli italiani, basta tassarla.

Foto: Trastevere App

L’arte dell’annacquamento: un mestiere da oste

All’epoca, il vino veniva servito in brocche di ferro o terracotta, recipienti che avevano un unico grande vantaggio… per gli osti: nessuno poteva vedere cosa ci fosse dentro. Così, con un’abile rotazione del polso e un’occhiata complice, l’oste aggiungeva un po’ d’acqua, faceva sparire qualche sorso di troppo e intascava il guadagno. Il cliente, ignaro, beveva contento e pagava pure la tassa imposta dal Vaticano su ogni mezza foglietta venduta.

Ma Sisto V, uomo di ferro (e astuto quanto un oste), decise di porre fine a questa anarchia da mescita e affidò all’ebreo Meier Maggino di Gabriello il compito di produrre la “foglietta ufficiale”: una caraffa di vetro trasparente, con tanto di linea a rilievo per segnare la quantità esatta di vino da servire. Da quel momento, gli osti non ebbero più scampo: o rispettavano le misure o rischiavano multe.

Tubbi, chirichetti e sospiri: il lessico del bevitore romano

Ma i romani, si sa, non si lasciano ingabbiare nemmeno da un Papa. Così, anziché scoraggiarsi, iniziarono a battezzare le nuove unità di misura con nomi creativi e irriverenti:

  • Il Tubbo (1 litro), per chi aveva sete seria.
  • La Foglietta (½ litro), la misura ufficiale benedetta dal Papa.
  • Il Quartino (¼ di litro), la scelta equilibrata per chi voleva bere senza perdere la dignità.
  • Il Chirichetto (1/5 di litro), ispirato all’ampolla della messa, per bere con devozione.
  • Il Sospiro (1/10 di litro), così piccolo che si ordinava quasi vergognandosi… sottovoce.

E poi c’era “Er Barzillai” (2 litri), chiamato così in onore di Salvatore Barzilai, avvocato e politico che durante le campagne elettorali regalava vino a fiumi per conquistare voti. Perché, si sa, a Roma il potere si conquista più facilmente con un bicchiere in mano che con un comizio.

Foto: attualita.it

Dagli Stati Uniti con furore: il ritorno del quartino

E mentre il quartino, nato nelle osterie romane del ‘600, rischia di scomparire dalle nostre tavole (sostituito da calici sofisticati e vini dai nomi impronunciabili), negli Stati Uniti lo stanno riscoprendo. I ristoranti americani, sempre alla ricerca di nuove mode, hanno capito che servire il vino in piccoli contenitori aiuta a contrastare il calo dei consumi e a incuriosire le nuove generazioni. Così, mentre noi snobbiamo le nostre tradizioni, oltreoceano il quartino diventa trendy.

Eppure, c’è stato un tempo in cui il vino non era solo una questione di degustazione, ma di sopravvivenza. Era la bevanda del popolo, il compagno di ogni pasto, il protagonista di ogni trattativa d’affari e, diciamolo, di ogni rissa da taverna. Oggi, invece, tra etichette pregiate e sommelier in guanti bianchi, sembra quasi che bere vino sia diventato un’operazione da intellettuali.

Foto: attualita.it

Il vino della casa: una specie in via d’estinzione?

A Roma, un tempo, non si chiedeva un “Merlot affinato in barrique” o un “Chardonnay del Collio”. Si chiedeva “er vino della casa”, fresco, sincero, senza troppe pretese, ma sempre presente in ogni osteria che si rispettasse. Oggi, però, molte trattorie non lo propongono più (anche se ce l’hanno nascosto da qualche parte), perché il guadagno sulle bottiglie blasonate è decisamente più alto.

Eppure, il vino della casa è la memoria liquida di questa città, un filo rosso che lega il passato al presente, le chiacchiere tra amici ai pranzi in famiglia. Magari, un giorno, tornerà di moda. Magari, qualcuno capirà che la vera eleganza sta nella semplicità di un quartino condiviso tra risate e battute.

Fino ad allora, se vi capita di sentire ancora la frase “se l’oste ar vino c’ha messo l’acqua…”, sappiate che non è solo la frase di uno stornello. È storia. E, come spesso accade a Roma, la storia è sempre più divertente di quello che si pensa.

Foto copertina: Pinterest