Luisa Spagnoli, l’eroina moderna del ‘900, secondo Paola Jacobbi

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Quella di Luisa Spagnoli è la storia di una donna incredibile, troppo spesso dimenticata. Un’imprenditrice del primo ‘900 che ha cambiato l’idea del femminile nel nostro Paese. La sua storia è raccontata dalla scrittrice Paola Jacobbi nel libro “Luisa” edito da Sonzogno.

Oggi, a Milano, sfila la collezione di Luisa Spagnoli, brand che porta il nome di una delle donne più incredibili del secolo scorso. Molti la confondono per una grande stilista, ma questa è solo l’ultima delle cose che ha fatto nella sua vita. La storia di Luisa è quella di un’imprenditrice che si è fatta strada in un mondo a misura di uomini con successo ed è perfettamente raccontata nel libro “Luisa” di Paola Jacobbi. Autrice e giornalista italiana che ha avuto l’onere e l’onore di raccontare la storia di una donna troppo spesso dimenticata.

Paola come le è venuto in mente di scrivere un libro sulla storia di Luisa Spagnoli?

In realtà non è venuto in mente a me, è venuto in mente ad Aldo Spagnoli, pronipote di Luisa che è andato dall’editore perché voleva che qualcuno scrivesse un libro ben fatto sulla storia della sua bisnonna. L’editore, che già conoscevo, ha pensato a me e mi ha chiesto un progetto per raccontare in modo nuovo la storia di Luisa Spagnoli. Dal momento che di cose su Luisa ce ne sono moltissime, compresa una fiction Rai. Prodotto che è andato molto bene, che però io ho trovato, personalmente, un po’ piatto. E da cui volevo assolutamente distaccarmi.

Oltre a Luisa sono protagoniste del testo Ida e Marina, due donne legate a doppio filo con la storia della protagonista, come mai questa scelta?

Proprio perché di biografie di Luisa Spagnoli è pieno il mondo. Ho cercato di raccontarla con occhi diversi. In primis quelli di Ida, una delle sue dipendenti senza le quali Luisa non sarebbe ricordata ancora oggi. Poi mi sono chiesta: “Perché deve essere rilevante oggi parlare di Luisa Spagnoli?”. E allora mi sono inventata il personaggio di Marina che ha riportato la storia, quasi, nel contemporaneo.

A chi ha pensato mentre scriveva il libro? Chi era il lettore che immaginava?

Io quando scrivo penso sempre che Intanto il libro debba piacere a me. Mi devo divertire io a scriverlo, non mi devo annoiare. Poi è chiaro che questa è la storia di un’eroina femminista ante-litteram, in un certo senso, e quindi il pubblico più facile a cui pensare è quello delle donne. In più Luisa Spagnoli è anche un brand di moda molto conosciuto che ha un pubblico di donne adulte, non di teenager, e quindi mi verrebbe da dire che la lettrice tipo potrebbe essere una donna dai 40 anni in su. In realtà, secondo me, il tema è molto interessante per le ragazze giovani perché riporta indietro in un tempo in cui alle donne non era concesso niente, neanche aprirsi un conto in banca. Nonostante tutto questo c’è una donna che riesce a fondare due aziende che esistono ancora oggi.

E agli uomini non ha mai pensato?

Certo che sì! Spesso alle presentazione arrivano uomini che mi chiedono di firmare il libro per la moglie, l’amica o la sorella e io li esorto sempre anche loro a leggerlo. Perché noi donne la biografia di Steve Jobs l’abbiamo letta. E soprattutto una frase come “Stay angry, stay foolish” avrebbe potuto dirla anche Luisa, perché anche lei non si è mai fermata di fronte alle difficoltà.

È interessante, a proposito del fatto che non si è mai fermata, la scelta di Luisa di lasciare i figli ad una parente durante la settimana. Una lodevole ammissione dei propri limiti che oggi abbiamo completamente perso.

Assolutamente: le donne di oggi vogliono fare tutto, sono convinte di farcela, invece ogni tanto dire no, mi prendo un attimo, è la chiave di tutto. È impossibile pensare di dirigere un’azienda e anche fare la pasta a mano in casa. Ogni tanto bisogna fare delle scelte e lei le ha fatte, le sono costate, però ha anche capito che si potevano trovare delle soluzioni intermedie, dei piccoli compromessi che le hanno garantito il successo.

Cos’altro dovremmo imparare da Luisa Spagnoli, secondo lei?

Secondo me è molto bello il fatto che lei sia una sorta di pioniera dell’ecologia. Vuole combattere lo spreco. I Baci Perugina, in effetti, nascono per non sprecare gli scarti di lavorazione.

Anche nella produzione di angora lei è molto attenta al benessere animale.

Certamente, vista la sua premura verso il benessere animale inventa questo pettine che non fa soffrire i conigli. Aveva sempre una un’attenzione, una sensibilità per delle questioni che oggi diremmo moderne, molto contemporanee e che allora proprio non venivano in mente a nessuno.

A tal proposito, oltre alla storia della Spagnoli, nel libro si racconta la storia di un’Italia che sta cambiando e che si evolve. Pensa che in un’altra epoca storica, Luisa sarebbe potuta essere la stessa

Direi di no, perché ci sono degli elementi storici molto fondanti. Innanzitutto la Prima Guerra Mondiale, il momento in cui non solo in Italia, ma in tutti i Paesi coinvolti nella guerra, le donne hanno una grande opportunità. Gli uomini spariscono, per molti anni vanno al fronte e quando tornano sono devastati. In quegli anni le donne sono l’unico modo per andare avanti. Quello della Perugina è un caso di scuola da questo punto di vista. Da questo momento in poi, complici le contemporanee battaglie femministe, la figura della donna cambia radicalmente. infatti non è un caso che anche la moda cambi, si abbandonano i bustini in favore di un abbigliamento più pratico. Si intavola il dibattito riguardo il suffragio femminile. Insomma la prima Guerra Mondiale è uno snodo fondamentale nella storia del primo ‘900 e, di conseguenza, in quella di Luisa. Quindi no, non avrebbe potuto esserci. È figlia del suo tempo, Luisa. Anche se ha molto da insegnarci.

Parlando di attualità, la storia di Marina inserisce nel libro un tema estremamente contemporaneo, quello della sovraesposizione mediatica. Cosa ne pensa?

Ho scelto di inserire la storia di Marina per diversi motivi. Gli anni ’90 sono l’inizio di un nuovo modo d’intendere il privato che oggi è la quotidianità. Per la prima volta Demi Moore appare incinta sulla copertina di Vanity Fair, la maternità diventa glamour. È un punto di non ritorno, 8 anni dopo uscirà il primo Grande Fratello in Olanda. Insomma è l’inizio dell’era social, anche se i social ancora non esistevano, la televisione ne faceva le veci.

La storia di Ida, invece, inserisce un altro tema molto interessante. Il libro narra il momento della Marcia su Roma e l’incoscienza di Ida rispetto a quello che stava succedendo.

Non dimentichiamoci che Ida non ha studiato, è anche priva degli strumenti necessari a comprendere certe dinamiche.

Ecco, oggi che al contrario abbiamo tutti gli strumenti l’incoscienza e l’ignoranza sono ancora giustificabili?

Chiaramente no, detto questo non mi sento di puntare il dito su chi non ha voglia di informarsi. La consapevolezza del sociale, del politico e anche banalmente dell’attualità è una cosa davvero individuale. Rimanere informati fa bene a se stessi, non agli altri. Non riesco ad arrabbiarmi se uno mi dice che non sa che dove sono Gaza o Gerusalemme o cosa sta succedendo in Ucraina. Non riesco ad arrabbiarmi perché mi rendo conto che le notizie sono tante e che la confusione e la stratificazione di queste notizie è un bombardamento continuo. Certo è che rimanere informati è sempre cosa buona.

Secondo lei oggi esiste un’imprenditrice che potremmo, in un certo senso, paragonare a Luisa Spagnoli?

In modo completamente diverso una donna come Miuccia Prada lascia il segno nella storia della moda, non c’è dubbio, sia come imprenditrice, sia come mecenate e filantropa, con la Fondazione Prada, una delle realtà più interessanti dell’arte contemporanea. È una cosa che avrebbe potuto fare Luisa. E mi dispiace che invece alla povera Luisa non sia stata dedicata nemmeno una via, è un personaggio ingiustamente dimenticato.

Ha mai capito il motivo di questo oblio ingiustificato?

Siamo un Paese di smemorati e anche un Paese un po’ maschilista. Basti pensare al fatto che, quando si perla di welfare aziendale, la prima azienda italiana citata e la Olivetti di Adriano Olivetti. Narrato come il primo ad inserire asili, corsi e attività per i dipendenti; peccato che Luisa avesse fatto tutto ciò quasi 50 anni prima. 

Molto spesso Luisa viene anche erroneamente raccontata come una stilista: è possibile che questo suo legame con la moda abbia incrementato il disinteresse verso questa figura?

Può essere, nel nostro Paese lo snobismo culturale sul tema è all’ordine del giorno. I negozi sono fuorvianti in questo senso, Luisa non voleva fare la stilista e, in effetti, non l’ha mai fatta. Detto ciò ben venga il marchio Luisa Spagnoli, uno dei pochi ancora di proprietà unicamente italiana dal 1940. 

Paola che consigli darebbe ai nostri lettori della generazione Z?

Più che consigliare mi sento di augurargli buona fortuna. Il mondo sta vivendo una serie di cambiamenti che faranno nascere problemi etici non da poco e saranno loro a doverli risolvere. Poi così, in amicizia, ai giovani consiglio sempre di leggere e guardare film per interno. Non solo qualche spezzone su Tik Tok.