Festival di Sanremo 2025: cosa ha raccontato la moda?

da | FASHION

Al termine della settimana del Festival di Sanremo possiamo affermare che l’Ancien Régime è tornato in pompa magna sul palco, anche fronte moda.

il Festival di Sanremo è un momento di grande fermento nazionale nel Belpaese, un fenomeno che va ben oltre le canzoni in gara. Una vera e propria manifestazione di costume in onda sulla rete del servizio pubblico che regala agli spettatori una fotografia dell’Italia di oggi: conservatrice, ripetitiva e ostile alla novità. Selvaggia Lucarelli alla prima serata del Dopo Festival, condotto da Alessandro Cattelan, paragona il Sanremo di Carlo Conti alla restaurazione dell’Europa post rivoluzione francese dipingendo gli ex conduttori, Amadeus e Fiorello, come Napoleone e Robespierre. Questa azzardata metafora storica risulta più vera che mai sera dopo sera: Carlo Conti (che infatti non si cambia mai d’abito) pare abbia riportato, in un certo senso, il Festival all’epoca pre Amadues e anche la moda, protagonista quasi paritaria alla musica sul palco dell’Ariston, fotografa questa preoccupante restaurazione.

Il ritorno del dandy


Non solo le solite quattro etichette discografiche firmano le canzoni, anche i soliti stylist vestono i concorrenti con i soliti brand, pochissime le eccezioni. In linea di massima, anche sul fronte dei look, è tutto estremamente piatto. Pare che il 2025 sia l’anno del minimalismo e Sanremo ne è la prova. Sul palco torna la figura del dandy. Gli uomini sanremesi, dopo anni di schemi ribaltati e tutine scintillanti, tornano a vestire eleganti completi da sera. Achille Lauro, in Dolce&Gabbana, durante la prima serata sceglie perfino il white tie con frac, camicia bianca e papillon abbinato. I completi su misura, precisi e composti (che a maggio dovremmo vedere anche durante il Met Gala) tornano ad essere il dresscode degli uomini del 2025. Anche l’ex rocker Damiano David, che aveva lasciato l’Ariston in tacchi e completi in pelle, riscopre il suo animo romantico indossando due look firmati Valentino.


Le poche trasgressioni maschili, se così vogliamo chiamarle, sono rappresentate da incrostazioni di cristalli e paillettes che compaiono qua e là su giacche dal taglio sartoriale, rigorosamente nere, che ci fanno rimpiangere i look di Amadeus. Altri uomini, soprattutto quelli più giovani, si sentono diversi non curandosi dei look. È il caso di Olly, degno vincitore del Festival, che scende le scale dell’Ariston spaziando tra jeans e cardigan firmati Emporio Armani che “gridano al mondo che ti prendi troppo sul serio per curarti di quello che ti metti addosso“. Anche se, c’è da dire, almeno provocano una reazione in chi li guarda rispetto a tanti abiti da sbadiglio in total black che nemmeno i malus del FantaSanremo sono riusciti a frenare.

Abiti da sera a Sanremo? Avanguardia pura!


E se gli uomini vestono white tie per le donne l’etichetta prevede abiti da sera lunghi, scintillanti e, troppo spesso, polverosi. Sul palco un tripudio di sirene dal fascino della vecchia Hollywood, più vecchia che Hollywood nella maggior parte dei casi. Tra co-condutrrici e cantanti gli abiti da gran soire si sprecano, ma non tutte sono in grado di portarli. Non basta un bel vestito per essere interessanti, ci vogliono una storia da raccontare e il portamento giusto ma, soprattutto, la grande firma non assicura il successo dell’outfit. Risultano fallimentari, non per nulla, le scelte di Noemi che pare incastrata in un’immagine che non le appartiene, mentre Miriam Leone, seppur splendida, non racconta nulla con i suoi look che rimangono fini a loro stessi e anche di gusto discutibile a dirla tutta. Lo stesso vale per la bellissima Alessia Marcuzzi che ha lasciato tutti a bocca aperta non certo per i look.


Come da copione, invece le più giovani scelgono abiti corti dall’aria, almeno in teoria, frizzante e dinamica. Ma è difficile dare quell’impressione quando i brand scelti sono Pucci, per Sarah Toscano, e Chanel per Joan Thiele. Nemmeno lei, che doveva essere la grande scoperta del Festival, è riuscita a sconvolgere gli spettatori. La sua immagine etnica e sempre update si è completamente persa nei completini in tweed firmati Chanel scelti per lei a fronte di chissà quale accordo con la maison francese. In questo clima di restaurazione sulle donne scarseggiano perfino i pantaloni. Gli unici visti sul palco sono stati quelli di Dior indossati da Giorgia, su cui c’è ben poco da dire, e quelli di Francesca Michelin che, incredibile ma vero, è riuscita a far perdere la coolness a Miu Miu.


Forse c’è ancora speranza


Fortunatamente qualcuno è riuscito a portare una quota glamour sul palco. Tra le più stilose dell’Ariston c’è stata, senza sorpresa, la splendida Bianca Balti che, pur indossando elegantissimi abiti da sera, è risultata attuale e per nulla scontata. Dal primo Valentino, che la ritraeva come una fenice che risorge dalle ceneri, all’ultimo Roberto Cavalli che scopre la cicatrice sul ventre. Anche Elodie sceglie abiti da sera, ma lei sì che li sa portare. È stata lei l’unica a riuscire ad incarnare alla perfezione quel feeling da diva della vecchia Hollywood che matchava con i look scelti peer lei tra archivi e collezioni delle grandi griffe. Il viaggio nella vecchia Hollywood non si consuma con Elodie. Anche i Coma Cose si immagino cabarettisti negli anni ’20 e risultano incantevoli e poetici vestendo la fervida creatività di Alessandro Michele per Valentino.


Interessante anche la scelta del criticatissimo Tony Effe di sconvolgere completamente la sua immagine pur rimanendo fedele a se stesso. I suoi look dal taglio sartoriale erano ispirati a Tony Montana, il gangsta dei film di Brian de Palma, e la scelta di coprirsi i tatuaggi durante la prima serata ha il merito di aver lasciato tutti di stucco. Ma il più glamour di tutte le serate è stato, senza ombra di dubbio, Lucio Corsi senza stylist e con i vestiti del suo armadio. Un artista completo che, quanto a immagine, ricorda il Renato Zero dei primi tempi. Quando cantava “Mi vendo” con la faccia dipinta di bianco e i look ispirati ai circensi. Un personaggio che pare essere arrivato dai cartoni animati, non per nulla sceglie di duettare con Topo Gigio e, sulla suola delle sue scarpe, scrive “Andy” come Woody in Toy Story.


Un festival piatto? Forse sì, ma la vittoria di un giovane come Olly fa ben sperare. Quanto a look le speranze le abbiamo perse da un po’, eppure cosa sarebbe l’Italia senza Sanremo?

Foto: VanityFair