L’arte funzionale delle sedie di design

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Semplici oggetti d’uso quotidiano, o manifestazioni del proprio gusto estetico? Le sedie di design sanno essere entrambi.

Che siano per la cucina, il soggiorno, o la camera da letto non ha importanza: le sedie sono elementi indispensabili, ma difficili da pensare al di fuori dell’immaginario comune. La loro funzionalità sembra creare un limite, ovvero quello di non riuscire a guardare oltre quello che è il loro scopo. È questa la condanna degli oggetti di uso comune. Li tocchiamo, spostiamo ed utilizziamo tutti i giorni, inconsapevolmente, senza riflettere, semplicemente in funzione di quello che possono fare per noi.

Se cambiassimo prospettiva, però, scopriremmo che c’è molto di più.

Quando la praticità incontra l’arte

La barriera tra l’arte e la quotidianità iniziò a subire le prime fratture già dall’inizio del secolo scorso, con la nascita del Bauhaus: una scuola che partendo dall’apprendimento di pratiche artistiche, puntava alla produzione industriale, rispondendo a quelle che erano le esigenze del quotidiano, ma con un linguaggio tutto nuovo.

Una delle produzioni più iconiche e rivoluzionarie della scuola, fu proprio una sedia: la poltrona modello B3, in seguito nota come Wassily, di Marcel Breuer. Composta dalla combinazione di fasce di tessuto e tubolari d’acciaio, cambiò totalmente il modo di pensare sia la seduta, che il materiale impiegato. Da quel momento in poi, infatti, l’acciaio si piegò in sempre più forme, prima credute impossibili.

Foto: Pinterest

Molto più di una seduta

Se è vero che “le sedie sono testimoni importanti del loro tempo e ritratti delle persone che le usano”, come affermò Rolf Fehlbaum, presidente emerito di Vitra, allora bisogna dare uno sguardo alle più enigmatiche sedie di design degli ultimi tempi, per poterli comprendere a pieno.

Belle da vedere, provocative, fuorvianti. Alcune non rinunciano alla funzionalità, mettendola in primo piano e abbellendo poi il proprio design. Altre, la nascondono completamente, a tal punto che viene da domandarsi come sia possibile sedervici su. La Sedia per visite brevissime disegnata da Bruno Munari, ne è un esempio. Le improbabili proporzioni e l’insolita inclinazione rendono possibile l’appoggio, ma impediscono la seduta. Ancora, la fluttuante e scultorea sedia Panton, dell’omonimo designer: il profilo ad S la rende fluida, mentre il materiale plastico le garantisce forza. Fu questa la prima sedia al mondo ad essere stampata in una singola unità, grazie allo stampaggio ad iniezione.

Delle stesse forme sinuose è la Carpet Chair di Mousarris, realizzata a mano con tappeti persiani tradizionali, con l’intento di creare l’illusione di essere su di un tappeto sospeso in aria. Parlando ancora di illusioni, assume tratti quasi surrealistici la seduta Pratone, progettata da Giorgio Ceretti, Pietro Derossi e Riccardo Rosso. Si presenta come una porzione di prato con alti steli, e abbandonandosi su di essa, ci si sente quasi in bilico tra i suoi astratti e grossolani fili d’erba. Di seduta più stabile, ma con un design ugualmente audace, è poi la Poodle chair di Mati Sipiora. Ispirata alla figura stilizzata del barboncino, simile a quello creato da un palloncino, è composta da cilindri stondati, di colori vivaci, e sembra rispondere perfettamente ai principi del Bauhaus.

Infine, c’è chi invece di simulare altri oggetti, li incorpora nel design. È questo il caso della Scooter Chair di Bel&Bel, la poltrona da ufficio realizzata utilizzando parti originali di vecchie Vespa Piaggio. Ma non si tratta solo di estetica: l’altezza e l’inclinazione della poltrona possono essere regolate, e le luci sul retro sono persino funzionanti.

È interessante scoprire che un oggetto come una sedia possa essere pensato in così tanti modi diversi e influire così tanto sull’ambiente circostante, trasformandolo da ordinario a singolare.

Il più delle volte, per sorprendersi, basta semplicemente cambiare punto di vista.