Il vintage milanese ha un solo nome ed è quello di Bivio. In occasione dell’apertura del nuovo store in Corso Lodi abbiamo fatto due parole con la fondatrice: Hilary.
Come nasce, 11 anni fa, l’idea di aprire un second hand nel cuore di Milano?
Quando è nata l’idea di Bivio vivevo a Milano già da parecchi anni, ed in quel momento della mia vita, lavoravo come copy per varie aziende di moda. Ricordo che stavo affrontando l’ennesimo trasloco e mi resi conto di avere nell’armadio una quantità di abiti che non usavo quasi più, o molto raramente.
Così iniziai a cercare un negozio in città che potesse acquistarli. Con grande stupore scoprii che non esisteva un negozio di questo tipo, a Milano esistevano solamente i negozi di conto vendita, dove lasciavi le cose ma poi dovevi tornare per prendere il tuo ricavo una volta vendute. Insomma, uno sbatti. Da lì è nata l’idea di aprire il primo Fashion Resale store della città che fosse interessato ad acquistare non solo vintage ma anche abiti e accessori contemporanei. Un posto dove la gente poteva liberarsi di quei capi “in stand-by” che, ahimè, è una condizione ormai diffusa.
Come mai il nome BIVIO? Cosa evoca?
La mia idea era quella di creare un negozio che fosse un “punto di incontro”. Un luogo dove i capi potessero riprendere vita e diventare parte di nuovi armadi e di nuove entità. Cercavo un nome che comunicasse l’idea di un circolo virtuoso. Uno spazio per chi si diverte a fare shopping, a spulciare tra gli scaffali per scovare quei capi di cui non credevi di aver bisogno. Io amo fare acquisti così. Adoro cercare e trovare quella cosa specifica che è in grado di parlarmi, quel tipo di creatività spontanea che mi viene in mente quando penso a BIVIO, e questo è ciò che vorrei trasmettere.
Che evoluzione ha avuto la vostra clientela da 11 anni a questa parte?
Fin dal primo giorno la nostra clientela è stata una community assolutamente eterogenea. Tra i nostri clienti ci sono studenti, professionisti di ogni tipo, turisti, stylist in cerca di chicche per i loro shooting, genitori che vengono con i figli, persone di ogni età e ceto sociale…abbiamo una clientela molto vati e super interessante.
Avete notato maggiore apprezzamento del second hand anche dalle nuove generazioni?
Assolutamente sì, ma non solo nelle nuove generazioni. Mi sono trasferita a Milano negli anni ’90, e da subito ho notato la tendenza da parte di chi viveva la città di vestire abiti un pò da “sciura”—sempre borsette e accessori super precisi, colori neutri e sobri…pure le studentesse si vestivano così.
Poi anno dopo anno ho notato un’evoluzione, anche grazie all’avvento di Instagram e al suo mix di tendenze, che hanno incentivato l’utilizzo di look più stravaganti, colorati e divertenti, un pò come era già successo anni prima nelle altre città come Berlino, Londra e Parigi.
Credo che il fast fashion abbia portato un ‘appiattimento’ dello stile, tutti hanno iniziato a vestirsi allo stesso modo, portando così il second hand ad essere la chiave per rivoluzionare i propri outfit. Oltre al fatto che acquistare usato, è anche un modo per fare del bene al pianeta, e oggi questo è un tema molto caro, soprattutto alle nuove generazioni — ma anche alle persone più “agée” che sono cresciuti con meno cose per cui sono abituati a comprare meno, ma meglio.
La vostra selezione è molto accurata, come mantenete uno standard così alto, pur con prezzi accessibili?
E’ un grosso lavoro che si basa su un’accurata selezione di pezzi tra quelli che ci vengono proposti dai clienti, facendo particolare attenzione alla qualità dei materiali, allo stato in cui si trovano questi, al brand e al prezzo di vendita sul mercato. Purtroppo anche noi ci siamo dovuti adeguare all’aumento dei costi e di conseguenza dei prezzi, ma il nostro obiettivo è avere una vendita veloce proponendo una moda accessibile.
Inoltre, essendo la nostra clientela molto eterogenea dobbiamo far in modo di soddisfare ogni tipo di stile e richiesta, senza dimenticarci che amiamo acquistare pezzi unici e introvabili.
Vi ricordate la vostra prima vendita?
YES! La nostra prima vendita è stata alle 11.02 del primo giorno di apertura, si trattava di un biker jacket del brand Schott che è stato venduto per circa 90 euro. Per me Bivio è stata una grandissima scommessa, chiedevo pareri a tutti e pensavano fossi pazza, in pochi credevano nella mia idea, ma la prima giornata è stata pazzesca e in quel momento io e il mio socio ci siamo guardati e abbiamo capito che avrebbe funzionato.
Qual’è il pezzo più bello che avete mai avuto in collezione?
Questa è una domanda difficile, girano sempre tanti pezzi unici nei nostri store, ma ad esempio ora abbiamo un cappello di Giorgio Armani con il diametro di circa un metro, che è stato indossato per una sfilata e mai prodotto, ed è meraviglioso.
Tra le varie borse abbiamo avuto tutte quelle “top”, Hermès, Chanel, Vuitton — ma io sono una di quelle donne per nulla interessata alle borse di lusso. Io bramo le cose strane, totalmente estemporanea come una borsa in pelle a forma di riccio che attualmente vive sulla mia libreria come oggetto di decoro e che ogni tanto la porto fuori per prendere un pò di aria.
Cosa vi differenzia dagli altri vintage store?
Probabilmente il fatto che noi non possiamo definirci un vintage store, ma siamo un second hand e fashion resale store. Infatti non vendiamo solo vintage. Anche capi appartenenti a collezioni contemporanee che magari non piacciono più o non si riescono più ad indossare. Vendiamo di tutto, dalla t-shirt souvenir di 4€ alla borsa da 1400€, e la cosa bella è che sono tutti pezzi appartenuti alla comunità milanese.
Sentite ancora il pregiudizio nei confronti dell’acquisto di seconda mano?
No, o meglio, immagino che sia ancora presente questo tipo di pregiudizio ma non voglio farci caso. Piuttosto sono consapevole che per molte persone questo modo di acquistare — spulciando e scegliendo tra mille cose, tutte diverse tra loro — sia difficile e questo lo accetto. Tante persone hanno bisogno di proposte specifiche e ben delineate per poter acquistare qualcosa.
E’ per voi un momento di grande espansione, avete inaugurato il nuovo punto vendita e da poco avete aperto anche una sartoria, cosa diventerà Bivio nei prossimi anni?
Io credo che se il mondo continua a funzionare come dovrebbe, per BIVIO resterà sempre un piccolo spazio. Però allo stesso tempo, per realtà come la nostra, self made e prive di azionisti o grossi fondi alle spalle non è facile sopravvivere soprattutto in una città come Milano dove ogni giorno gli affitti e i costi aumentano. Ad oggi non so ancora cosa ci riserva il futuro, per ora voglio godermi ciò che abbiamo creato.