La moda diventa materia da museo, ed era ora

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Le sale di prestigiosi musei accolgono, finalmente, il fashion. La Triennale di Milano apre un dipartimento dedicato alla moda e le gallerie diventano location per le sfilate.

Siamo abituati a vedere la moda nei negozi e per le strade, lontana dagli ambienti istituzionali e, molto spesso, priva di un valore culturale, almeno per il senso comune. Ma le cose stanno, forse, cambiando. Da qualche anno a questa parte i musei più prestigiosi al mondo sono diventati la location preferita degli stilisti. Solo durante il fashion month settembrino Gucci e Fiorucci hanno presentato le loro collezioni al museo della Triennale di Milano ed Alaia ha scelto il Guggenheim di New York per la sua sfilata.

Alaia sfila al Guggenheim di New York

Per non parlare del fatto che Milano durante tutto l’anno è stata collettore di una serie di mostre legate al tema. Dalla famosissima Dolce&Gabbana a quelle più di nicchia come quella di Yamamoto in 10 Corso Como. Passando per quelle ancora attive come quella dedicata a Fiorucci o a Moschino rispettivamente in Triennale e presso il Superstudio in via Tortona. Mentre il Louvre di Parigi ha annunciato la sua prima mostra di moda per l’anno 2025.

I musei sembrano essersi accorti che la moda può essere materia adatta alle loro sedi. Che si vedono svecchiate e rinnovate da esposizioni legate al fashion system, molto appetibili per un pubblico spesso giovane e dinamico. A fare un passo avanti, nel nostro paese sono due realtà. Al museo MAXXI di Roma Maria Luisa Frisa inaugura “Ipermoda” da lei stessa definita: “Una significativa operazione di sistema tra MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo e Camera Nazionale della Moda Italiana”. Poi continua: “In Italia che la moda entri nei musei assume un significato particolare. Vuol dire riconoscere il valore che la moda ha nel sistema culturale contemporaneo”.

Gucci sfila al Museo della Triennale di Milano

Mentre nel panorama meneghino è il Museo della Triennale a sbilanciarsi aprendo un dipartimento dedicato alla moda. Una sezione che si propone di “indagare la moda come terra di interferenze con altre espressioni culturali della contemporaneità” come spiega il consulente scientifico Luca Stoppini.

Significativa anche la scelta di molti designer di presentare le loro collezioni all’interno dei musei. Come a voler affermare il valore socioculturale del loro lavoro. A dire il vero non è la prima volta che la moda invade le sale museali. Tra i primi stilisti ad indagare questo legame c’è stato il romano Roberto Capucci. Uno dei grandi nomi dell’alta moda della Città Eterna, troppo spesso dimenticato. È lui, infatti, ad un certo punto della sua carriera, a volere presentare le sue creazioni nelle sale dei musei piuttosto che negli ambienti del fashion. Come lui anche Walter Albini aveva presentato una collezione alla Galleria Gio Marconi di Milano nel corso degli anni ’70. Eliminando i modelli e sostituendoli con una selezione di fotografie che lo ritraevano con indosso la collezione.

Una collezione di Roberto Capucci presentata in un museo

Quello dei musei e della moda è un problema tutto italiano. Passando in rassegna le big Four del fashion, infatti, è solo il capoluogo lombardo a non avere un museo dedicato. Parigi pullula di musei autocelebrativi dedicati ai grandi designer francesi, a Londra il Victoria and Albert Museum è un chiaro esempio mentre a NY il Costume Institute del MET non necessita di presentazioni.

Assurdo come nel nostro paese manchi un museo dedicato al costume, nonostante di storia ne abbiamo e non poca. A Milano, fino a prima dell’apertura in Triennale, Palazzo Morando tappava questo buco. A Firenze Palazzo Pitti ha riaperto il segmento legato al costume. Mentre a Trieste ha aperto ITS Arcademy, museo della moda contemporanea. Tanti piccoli tentativi che non sopperiscono, però, alla mancanza di una vera istituzione paragonabile a quelle degli altri paesi. Non c’è coesione e, come sempre, la moda in Italia rimane l’ultima ruota del carro nonostante sia la seconda voce del PIL nazionale.

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