L’impegno politico della generazione Z è un tema spigoloso. Si divide tra interesse e disincanto. Tra le convinzioni quella che le cose non cambieranno.
La Gen Z è definita da tutti come la generazione del cambiamento. Quella che si ribella agli schemi imposti dalla società e lotta per i diritti civili. Tutto vero, anche se questo quadro non rappresenta proprio tutti. Molti dei ragazzi della generazione Z sono, infatti, nati con la convinzione che le cose non cambieranno mai. Per ogni cartellone alzato con forza in piazza c’è un pensiero di fondo che sa che le cose non muteranno. Spesso le manifestazioni, osannate da una parte della generazione, risultano ostili ai restanti. Non è una questione politica, non si tratta di destra o di sinistra. Seppur condividendo i principi e le battaglie molti esponenti della Gen Z trovano le manifestazioni uno strumento inutile. Poco produttivo ai fini pratici del caso.
Vero è che storicamente molti dei diritti acquisti sono stati raggiunti anche grazie alle persone scese in piazza. Il fatto è che, oggi, la nostra generazione vede molti di questi diritti ancora discussi. Vedi l’aborto, tema sempre scottante, piuttosto che le unioni civili. Nonostante fior fior di manifestazioni e leggi scritte sui casi il dibattito rimane sempre aperto. E allora…è stato tutto inutile? Perchè scendere un piazza quando poi non si raggiunge nulla o peggio quando i traguardi sono solo momentanee illusioni. La politica ha disincantato la generazione Z e chi non vede possibile il cambiamento preferisce disinteressarsene.
La politica parla una lingua diversa rispetto a quella della generazione Z. Si riempie la bocca di slogan populisti che chiamano i giovani al centro ma poi non fa nulla. I programmi elettorali banalizzano continuamente i problemi dei giovani. Li usano solo per attirare voti e, difficilmente, agiscono attivamente. Tutte problematiche che portano alla costante crescita dell’astensionismo giovanile. Scelta descritta come pigrizia dai media che, in realtà, cela una risposta di protesta. Secondo un’indagine dell’Istituto Piepoli per il Consiglio nazionale dei giovani emerge che sei under 35 su dieci ritengono che il dibattito politico attuale non affronti in maniera adeguata criticità ed esigenze generazionali.
L’astensione è la risposta giusta? Certo che no, seppur comprensibile. È un dato di fatto che la politica sia totalmente disinteressata ai giovani. Non basta aprire un profilo Tik Tok per andare incontro alle esigenze della Gen Z. Ecco perchè la disillusione porta all’allontanamento. “Il mio cartellone non cambierà le cose” è una frase, forse semplicistica, ma che rispecchia in pieno il feeling della Gen Z nei confronti della politica. Sentire discorsi incomprensibili come quello decantato dal nuovo Ministro alla Cultura, Alessandro Giuli, non fa altro che allontanare ancor di più la generazione Z della politica.
La voglia di scendere in piazza a manifestare cala velocemente quando le cose, effettivamente, non cambiano. E no, non è pigrizia, è la consapevolezza che, in politica, valiamo meno di zero. Che i nostri interessi sono gli ultimi della lista. Allora estraniarsi da tutto sembra la risposta più sensata. Anche se così certo che le cose non cambieranno mai.