Archivio, archivio, archivio…la moda non ha più nulla da dire?

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Sulle passerelle l’autocitazionismo si spreca. I designer continuano a riprendere l’archivio delle maison senza, spesso, aggiungere nulla di nuovo. Cosa sta succedendo?

Siamo arrivati ad un punto, nel fashion system, in cui il peso della storia comincia a farsi sentire. Le grandi maison sono, molto spesso, orfane dei loro fondatori. I brand sono in mano a nuovi direttori creativi che sentono sulle spalle il peso di mostri sacri del mondo della moda. Geni che hanno, letteralmente, costruito il sistema come lo conosciamo oggi. Inventato capi, linee e vestito le più grandi personalità del mondo. Tutto quello che conosciamo oggi, in materia di moda, è figlio dei grandi nomi del ‘900. Stilisti e creatori i cui nomi ancora si leggono nelle vie dello shopping e sui calendari delle Fashion Week. Pur senza i loro fondatori sono ancora questi i brand che manovrano le sorti della moda, nelle mani di nuove generazioni di designer.

Così, visto il peso della storia, spesso ci si rifugia negli archivi storici della maison per evitare passi falsi. Si riprendono linee, look, eventi e li si omaggiano in passerella riproponendoli in versioni, più o meno, contemporanee. Ecco che nelle sfilate si sprecano le citazioni al glorioso passato delle griffe. Un po’ come se il nuovo direttore creativo non si sentisse all’altezza del nome per cui sta disegnano.


È, senza dubbio, una questione di rispetto quasi religioso nei confronti di chi il sistema moda l’ha creato. Rispetto che rischia però di trasformarsi in anonima monotonia. Non si può rimanere a digiuno della storia di un brand per dirigerlo, certo che no. La conoscenza di quello che quel brand è stato è l’imprescindibile punto di partenza per scriverne un nuovo corso. Quello che si percepisce, però, nelle ultime sfilate è che questo autocitazionismo continuo sia un semplice riprendere ciò che è stato senza rimaneggiarlo, consapevoli che sarà nuovamente un successo.

Ci dimentichiamo facilmente quello che abbiamo già visto e, ogni volta, gridiamo alla novità. Anche se quel look, quell’accessorio, quell’intera collezione è già stata presentata in passato. Non basta modificare qualche linea e aggiornare lo styling per rendere una collezione nuova. L’archivio dve essere il punto d’inizio per un nuovo corso del brand, non il porto sicuro in cui rifugiarsi per evitare passi falsi.


La moda non ha più nulla da dire?

È come se, così facendo, i designer volessero dirci che la moda non ha più niente di nuovo da dire. Eppure in un mondo così complesso come quello di oggi è impossibile che i creativi siano così bloccarti. Siamo tutti d’accordo che di Christian Dior non ne nascono tanti, ma questo non vuol dire che non si possa proporre qualcosa di nuovo o, quantomeno, contemporaneo. Perché forse sì, di nuovo non ci può essere più nulla in effetti, nessuno può inventari la giacca a tre maniche. Ma interpretare il presente, e magari predire il futuro, non significa necessariamente inventare di sana pianta un nuovo capo, significa sentire quello che ci circonda. Forse la moda deve smettere di parlare a se stessa e cominciare a dialogare con quello che le ruota attorno, più di quanto faccia.

A non aiutare sono, senza ombra di dubbio, le logiche di bilancio che, oggi come non mai, governano il sistema. Pochi osano proporre qualcosa di dirompente perchè non sarebbe sicuro per gli affari. Si preferisce puntare su delle certezze d’archivio piuttosto che osare con la novità. Eppure, a pensarci bene, quelle certezze non esisterebbero se un tempo qualcuno non avesse osato.

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