New York Fashion Week: day 4

da | STYLE

New York Fashion Week palcoscenico di creatività e innovazione?

La sfilata del 9 settembre ha sollevato interrogativi su direzione, coerenza e proposta estetica in un settore che sembra oscillare tra la tradizione e il desiderio di novità. Diverse maison hanno presentato le loro collezioni primaverili, ma solo alcuni hanno realmente colpito nel segno.

Kobi Halperin

 Ha aperto le danze con una proposta che si è mossa su un tappeto di dettagli romantici  -bianchi e nuance di azzurro e crema- e silhouette morbide.  Colori tenui e avvolgenti. Come da ispirazione,  “Reflection of Serenity” il titolo dato alla sfilata. Le linee eleganti e i tagli impeccabili delle giacche e dei vestiti hanno esaltato la figura senza mai risultare eccessivi, enfatizzando una bellezza sobria e raffinata. Inoltre, l’uso di materiali sostenibili ha dimostrato una crescente attenzione del marchio verso la moda responsabile. Tuttavia, nonostante l’evidente capacità di Halperin di evocare emozioni attraverso il design, alcuni look risultavano leggermente ripetitivi e avrebbero beneficiato di un pizzico di audacia creativa. In un’era in cui i designer sono costantemente chiamati a stupire e innovare, la sfilata ha faticato a mantenere un ritmo avvincente. L’assenza di un elemento di sorpresa ha lasciato il pubblico con una sensazione di déjà vu.

Carolina Herrera

La stilista, sul fronte opposto, ha cercato di infondere una freschezza, ma la sua collezione ha oscillato tra il classico e il troppo prevedibile. Con una palette di colori neutri e silhouette eleganti, il suo approccio è risultato impeccabile ma, in fin dei conti, poco audace. Ci si aspetterebbe un lancio di coraggio, soprattutto in un contesto come New York, dove il rischio è spesso premiato.

Ha messo in mostra una collezione dedicata a un’eleganza discreta, intramontabile, ed è l’impronta di  Lafayette 148. Ma è sembrato mancare di un’interpretazione originale. Il senso di familiarità nelle forme e nei tessuti, mentre accattivante, ha lasciato alcuni tra i partecipanti a chiedersi se fosse il momento di spingere i confini, piuttosto che rimanere nella zona di comfort.

Invece è servito a scuotere il torpore, un linguaggio visivo che ha sollecitato la curiosità del pubblico. Zankov e la sua combinazione di tessuti inaspettati e silhouette minimaliste, dettagli colorati, pailletes ha rinfrescato l’aria. Anche se non è riuscito a mantenere energia e coerenza fino alla fine della sfilata. 

Dennis Basso

con la sua signature fur, ha confermato la sua posizione nel panorama della haute couture. Le collezioni hanno messo in mostra una palette di colori che spaziava dai toni classici ai dettagli più audaci, con tessuti lussuosi e lavorazioni artigianali che hanno catturato l’attenzione di tutti. I modelli, con tagli impeccabili e silhouette raffinate, hanno esaltato la femminilità in modo autentico e moderno. Ogni creazione sembrava raccontare una storia, con richiami a influenze vintage mescolate a un’estetica contemporanea. Tuttavia, l’eco del passato era palpabile. Un passo coraggioso in direzione dell’ecocompatibilità, magari, sarebbe stato ben accolto dal pubblico contemporaneo.

TWP e Aknvas

Hanno portato una ventata di novità a un palcoscenico altrimenti saturo. Soprattutto Aknvas, con la sua fusione di streetwear e couture, ha saputo catturare l’attenzione, rompendo schemi e definizioni tradizionali della moda. Hanno incarnato un approccio contemporaneo che ha risuonato meglio nel tumulto di cambiamento attuale.

Diotima

 Il brand emergente, ha lasciato un segno indelebile con una narrativa ben curata e una proposta di moda intrisa di storytelling. La capacità di connettersi emotivamente con il pubblico è stata palpabile, mostrando che la moda non è solo abbigliamento, ma anche una forma d’arte da vivere.

La collezione di Tory Burch, benché sia stata caratterizzata da un’estetica “preppy”, ha mostrato segni di stagnazione e ripetitività. La sfida per il brand rimane nella capacità di rinnovarsi senza sacrificare la propria essenza.

Infine, LaQuan Smith ha rappresentato un apice di creatività e audacia, con una sfilata che ha abbracciato la sensualità e la forza femminile. La sua progressione nella moda mostra un designer in grado di osare e di dare un significato forte e positivo al suo messaggio.

Che succede New York?

In conclusione, la sfilata del 9 settembre alla New York Fashion Week ha evidenziato un panorama variegato, ma intriso di tensioni tra continuità e innovazione. Quest’anno la settimana della moda, invece di attirare gli occhi del mondo su di sé, nonostante un prestigio consolidato, sembra passare in sordina. Le collezioni presentate non riescono a generare il clamore e l’innovazione di un tempo. La sfida per i designer è ora quella di navigare attraverso questa dualità, mantenendo viva la scintilla di novità senza compromettere l’essenza dell’arte che è la moda. 

Questa edizione ci fa riflettere, in realtà, su come la moda -riflesso della cultura contemporanea- debba rinnovarsi ( quella americana, ed è pure vero che noi italiani non amiamo troppo lo stile oltreoceano) e riprendere il suo posto di rilievo. Una magia che solo New York sa creare. 

Photocredits: Pinterest.