Continua il sogno parigino: ecco le 5 sfilate da ripercorrere della Paris Fashion Week.
Siamo arrivati quasi alla fine di questa frenetica settimana. I brand ad avere i riflettori puntati durante la quarta giornata della Paris Fashion Week sono cinque: Christian Dior Homme, Come des garçon Homme, Junya Watanabe, Officine Générale e . Ripercorriamo insieme i punti salienti di questa giornata della Paris Fashion Week!
Utility ad arte per Dior alla Paris fashion week
Luxury and utility. Lavoro e opere d’arte. Kim Jones mixa il Dna couture della maison con la sua visione fun e pratica citando l’opera ipervisiva del ceramista sudafricano Hylton Nel. E dissemina la passerella delle sue creazioni con statue di gatti giganti.
Una passione artistica che si sposa con una vena utilitarian nei vestiti che citano capospalla doc, come quel cappotto visto su un bozzetto ma mai realizzato a fine anni 50 firmato da monsieur Yves Saint Laurent quando lavorava da Dior. Le silhouette spaziano dallo sculptural al pratico, tra tasconi e colli che sono speciali, sono lavorati effetto ceramica con quella patina lucida che ritorna anche nei capelli dei modelli.
Bluse e giacche si presentano con piccoli décor di animali e fiori stilizzati come certi lavori di Nel, con quel tocco naif che si ritrova anche nei cappelli a cloche che lungo il perimetro sono arricchiti di gemme e perle. Ma ecco che la silhouette si costruisce su una base iconica. O le nuove sneakers con un intreccio in rafia. O quella rielaborazione degli zoccoli che mutano e si mixano a stringate e stivali da moto. Mentre in mano svettano nuove edizioni della storica borsa Sella proposta anche in versione micro.
Comme des garçons: sguardi obliqui
Prima spiazza i dettagli e poi tinge tutto di rosa, nello stesso tempo armonizza le strutture con le sovrastrutture e così Rei Kawakubo ottiene una collezione Comme des Garçons Homme Plus che raccoglie il lato buono degli uomini non guerrieri. Tanto è vero che intitola la collezione “The Hope of Light” e dice: “Voglio sperare che ci sia qualche luce, anche se molto piccola e fioca”.
Rispetto alla collezione per la Donna che ha presentato lo scorso marzo, in cui dimostrava tutta la sua “rabbia” con sé stessa e verso il mondo degradato delle guerre, con la collezione per l’Uomo Kawakubo sembra aver trovato uno spiraglio al dialogoper riportare il mondo a una dimensione più collaborativa. E volutamente infantilizza l’uomo non per togliere virilità ma perché, almeno sembra, lei ritualmente che i bambini (anche i bambini maschi) siano non solo più ribelli ma anche più creativi e meno aggressivi.
Quindi, tutta la collezione si sviluppa sulle sovrapposizioni di strutture che modificano il significato della struttura portante. E dalle quali nascono soprabiti e gonne a pieghe, cappe in raso con le stampe delle costellazioni, i fiocchi, i nodi e le lacerazioni che decorano le giacche.
IL DENIM PATCH DI JUNYA WATANABE MAN
Procede in un modo diverso Junya Watanabe, il designer che di Kawakubo rappresenta l’altra faccia dell’elaborazione. “Dress up Denim” (vesti il denim) è il titolo della collezione Junya Watanabe Man primavera estate 2025. Ma con Watanabe non è così semplice come si dice. E infatti, quelli di questa collezione non sono vestiti di jeans. “Ho usato molto denim e patchwork nelle mie collezioni passate, ma questa volta ho cercato di andare oltre nella mia ricerca per scoprire nuove soluzioni”.
Il Monozukuri è una parola giapponese che vuol dire pressappoco quello che in italiano significa manifattura. Junia Watanabe ha fatto della parola il suo metodo di lavoro. Non c’è un solo suo vestito che non sia ottenuto con il metodo del Monozukuri che nel suo caso vuol dire anche aggiungere a mano qualcosa che si sovrappone al non fatto a mano. Ecco allora che il metodo si presenta sulle giacche e sui pantaloni in denim dal taglio assolutamente e puramente sartoriale attraverso patch che si sovrappongono al capo finito. Una diversa accezione del patchwork, se si vuole, che mutua la tecnica del ricamo piazzato. Il look è estremamente elegante e addirittura formale dato dalle giacche con i revers e anche da smoking, dalle scarpe di vernice e dalle Derby bicolore in bianco e nero.
La sartoria di Officine Générale
Come alcuni dei suoi colleghi, Pierre Mahéo non ne ha mai abbastanza di Parigi: le sue strade, le persone e lo stile disinvolto. In questa stagione ha scelto di concentrarsi sui quartieri pieni di gallerie, come Saint-Germain-des-Prés, e guardare le persone che fanno, vendono e commercializzano opere d’arte e scultura.
“Questa collezione è reale, ed è proprio così che la volevamo. Non c’è nulla di forzato, nessun pezzo di pista speciale. Quello che vedi in queste foto è proprio qui, appeso agli scaffali”, ha detto il designer durante una presentazione nel suo showroom nel 6° arrondissement. L’essenza di Officine è sofisticata, accomodante e sensuale. La sartoria è ovunque, comprese le giacche di lana leggera blu navy, quelle senza maniche con bordi ruvidi del giromanica e abiti verde oliva con il giusto grado di slouch e quelle morbide e drappeggiate a spina di pesce.
“Non puoi mentire con la sartoria. È un lavoro di precisione: stai giocando con i millimetri. Soprattutto per le donne, devi passare il tempo a fare in modo che i pantaloni si adattino perfettamente. E devi mantenere gli adattamenti coerenti”, ha detto Mahéo, che ottiene un ronzio dal dare alle persone reali quell’eleganza sfuggente e disinvolto che si trova per le strade della sua amata città.
La visione multiculturale di 3.Paradis
Emeric Tchatchoua, fondatore e direttore creativo del brand, continua a raccontare la sua storia personale attraverso capi che riuniscono savoir-faire diversi in armonica condivisione. Ci sono molte culture che si specchiano nella collezione di 3.Paradis. C’è l’artista Johanna Tordjman, le cui opere impreziosiscono la collezione, c’è Serge Houazio con le Teintures de France che ha messo a disposizione le sue tecnologie di punta. E ci sono i mondi di Emeric.
La Francia dell’infanzia, il Camerun dei genitori, l’America dove è arrivato da adolescente. C’è l’universo street e quello dello sport, con la collaborazione con la squadra di calcio del Paris Saint Germain e con l’Nba, e l’immancabile tuffo nel celeste, il suo colore-faro. «In questo mondo standardizzato e minaccioso», afferma il designer, «la moda deve fare più che stupire, deve elevarci vero un mondo migliore e una miglior versione di noi stessi».
Foto: Vogue Runway