Daniele Amato: la storia di come la passione vince sempre

da | FASHION

Abbiamo incontrato Daniele amato per farci raccontare un po’ del suo mondo. Spoiler: abbiamo scoperto cose meravigliose. 

Entriamo nell’azienda e si sente già quanto l’ambiente sia pieno di storia e lavoro.

Ci accoglie Martina, la ragazza che gestisce l’ufficio stampa di Daniele Amato.

È sorridente e ci fa entrare subito nel mondo Daniele Amato.
Ci fa fare un tour del laboratorio: sono le 10 di mattina e gli addetti sono tutti a lavoro, c’è la radio accesa e musica divertente nell’aria. Riusciamo a salutare al volo Daniele che ci raggiungerà più tardi, anche lui sorridente e indaffarato. Dopo ascolteremo cosa avrà da dirci.

Nel mentre Martina ci guida in questo magico posto: cartamodelli originali appesi alle pareti, mille mila scatole contenenti accessori e componenti, alcuni di decenni fa.
Martina ci spiega tutti i retroscena, ci parla di quanto il laboratorio sia pieno di storia.

Ci racconta che gli artigiani seguono la borsa dall’inizio alla fine, dal prodotto iniziale a quello finale. Questa cosa mi fa apprezzare ancora di più l’artigianalità di questo marchio. Ci guida e ci presenta tutte le addette e ci spiega quello che stanno facendo: Cristiana si occupa delle cuciture a macchina, i punti a mano e il taglio dei tessuti e dei pellami è seguito da Luciana, poi c’è Alessio, apprendista. Poi Nino, Monica, Ilaria e Anita, ragazza in stage in azienda, studentessa di scuola di moda.

Osserviamo incantati come tutti siano cosi rapidi e sicuri nel loro lavoro, quanta passione e amore ci mettono. Poi proseguiamo e incontriamo Antonietta, addetta al controllo qualità. Antonietta è sorridente e anche lei è accompagnata da musica piacevole alla radio. L’ambiente è bellissimo, ci si sente a casa. Tra i rumori delle macchine e quello delle voci di chi si confronta, di chi ride e di chi racconta. Martina ci fa vedere tutti i pellami e ci mostra come tutti i materiali vengano riutilizzati. Gli scarti delle borse fatte in pellami esotici, create su richiesta, si tengono da parte in modo da aggiungere in qualsiasi momento un accessorio uguale o modificare qualcosa in qualsiasi momento. Ci racconta qualche aneddoto, ridiamo e andiamo avanti.

Dei modelli e del taglio se ne occupa Doriana, anche lei in stage, si sta formando in azienda. Incontriamo per caso Paolo, padre di Daniele e presidente di Leu Locati, azienda di cui fa parte il marchio Daniele Amato.
Paolo, come tutti, è sorridente e indaffarato, ma si ferma a parlare con noi. Ci racconta delle storie importantissime per la storia del marchio, anche lui ci concede qualche retroscena e ci fa sognare raccontando dell’importanza storica che l’azienda ha avuto. Ci fa capire quanto la sua storia sia forte e importante da custodire.

Ora siamo nello showroom che è pieno zeppo di borse meravigliose. Grandi, piccole, minuscole e poi colorate, variopinte, ricoperte di Swarovski, borse per tutti i gusti e belle, bellissime.

Ecco che arriva Daniele, ci sediamo al tavolo e cominciamo a parlare. 

Come ci si sente ad essere giovani direttori creativi di un brand di successo e così storicamente importante?

Daniele: E’ una grandissima responsabilità. Portare avanti una tradizione così forte e farla capire ad un mondo che è abituato ad un prodotto così veloce, non è così semplice. E’ veramente un grande impegno a livello mentale. Quello che è il mio obbiettivo è far capire ai giovani, alla gente della mia generazione, che non è tutto oro quello che luccica. Il prodotto del brand non è sempre così facile, così veloce, non è sempre perfetto. Quelli sono prodotti industriali di un altro tipo. Farlo capire e far arrivare un messaggio del genere non è così semplice.

D: E’ veramente impegnativo riuscire a trasmettere questa cosa ai giovani. il mio obbiettivo quando ho aperto il canale TikTok e gli altri social, era quello di raggiungere una mentalità più fresca. La cliente tipo dai 40 ai 60 anni a volte fatica di più ad approcciarsi al nuovo. La ragazza di 20 anni ha una grande apertura mentale.

Tu vorresti comunque arrivare a una clientela anche più grande? 

D: La cliente c’è sempre. abbiamo una clientela e un ventaglio di clienti che spazia dai 20 anni fino ai 70. Però la cliente di 70 anni arriva dopo aver visto la borsa a quella di 20. E’ una questione di aggiornamento: lo vedo alla cliente di 20 anni, mi ci approccio anche io e viceversa. C’è uno scambio tra la cliente di 20 anni, di 40 e di 60. Bisogna anche vedere qual è l’emozione di quel momento, che tipo di persona sei, a cosa aspiri essere. 

D: La ragazza giovane è il main target, ma ci sono tantissime clienti, non ci imponiamo di essere solo per l’elite.

È da quando sei molto giovane che ti diletti in questo mondo in tantissimi modi.

D: Ho sempre avuto una grande passione per questo lavoro. Tornavo da scuola e venivo in azienda. Ho sempre voluto fare questo, nonostante i miei genitori non fossero d’accordo.

Come mai?

D: È un lavoro difficile, complicato, pieno di lupi. devi anche essere pronto psicologicamente ad affrontare tutto questo. 

Ti senti cambiato dal Daniele di 11 anni ad oggi?

D: Sì, per fortuna. La passione è sempre quella, a volte di più, a tratti di meno. È cambiato tanto il mio approccio, ma perché sono cresciuto. Ho avuto le mie esperienze, ho preso calci nei denti e le delusioni ti fanno crescere più dei successi. Di successi ne ho avuti tanti, ma le delusioni mi hanno fatto crescere e capire tante cose.

D: Ho una visione pessimistica completa di qualsiasi cosa. Il peggio lo prospetto sempre, quindi qualsiasi cosa va bene è un successo che dura dai 2 ai 4 minuti. Non riesco mai a godermi una cosa andata bene. Poteva andare meglio, potevamo fare di più. Secondo me è anche questo che mi rende così agguerrito. In

(Daniele sarà anche un pessimista nella vita, ma ripensando al nostro tour nel laboratorio ci rendiamo conto di quanto sia bravo in quello che fa)

Hai sempre sognato di fare questo?

D: questa è la Domanda la cui risposta sarà sempre: sì. A parte alcuni momenti in cui ho pensato di fare altro, ma anche quelli durati dai 2 ai 4 minuti.

Hai seguito un percorso di studi?

D: No, non ho seguito un percorso di studio inerente. Mi piacerebbe che ci fosse più interesse nel mondo della moda verso l’artigianato. Tutto ciò che ho imparato l’ho imparato lavorando in fabbrica, l’esperienza fa la differenza e penso sia molto utile imparare lavorando. Per imparare bisogna fare, in questo lavoro.

Che rapporto hai con l’artigianalità?

D: E’ Strettamente legato a tutto. Tutto gira intorno a quello. È un rapporto incatenato.

D: Apprezzarlo è difficile quando lo vivi tutti i giorni, è difficile capire se lo apprezzi quando è la tua normalità. E’ la mia routine. Lo apprezzo quando sono a casa, quando non mi ci scontro, perchè comunque artigianalità vuol dire difficoltà: vuol dire difficili le produzioni, difficile creare il prodotto. Vuol dire scontrarsi con la mano umana che non può fare determinate cose. 

(Qui parlando con daniele ci rendiamo conto di quanto la mano umana sia un limite, ma anche di come questo limite renda tutto quello che viene creato ancora più intriso di valore.)

È un limite che rende le cose più interessanti.

D: Si, se uno riesce a capirlo le rende più interessanti

Primo ricordo che ti viene in mente se pensi al concetto di “fatto a mano”, di “artigianale”?

D: Se dico “fatto a mano” vedo tutto la mia vita, la mia normalità, il mio lavoro. Non riesco neanche a recuperarlo il primo ricordo. Sono cresciuto qua, è tutto abbastanza normale.

Al momento c’è una effettiva crisi della manualità nel mondo dell’artigianale in generale. consiglieresti ai giovani di avvicinarsi di più al mondo del manifatturiero?

D: Assolutamente si, sempre 

Perché?

D: Perchè in primis si fa una vita più serena, torni a casa e non devi pensare a nulla. Poi c’è l’aspetto retributivo che ora è molto vantaggioso. E poi da grande soddisfazioni.

Come nasce una borsa Daniele Amato?

D: Nasce dal tornare alle origini e riportarle all’attuale. 

A cosa ti ispiri maggiormente? Cosa influisce di più nel processo creativo? 

D: Il mio processo creativo è relativo. Io non sono né un designer, né uno stilista. Io mi occupo di rigenerare oggetti già esistenti, parto sempre da qualcosa che già esiste nel nostro archivio, lo rendo attuale, lo modernizzo. Trasformo qualcosa di già esisitente in qualcosa di attuale. 

Come definisci cosa è attuale?

D: Seguo molto il mio gusto. Cerco di concentrarmi su quello che mi piace. Difficilmente il primo pensiero che ho è se il prodotto è vendibile o meno. La priorità per me, è che sia bello

Secondo te, del processo che porta al prodotto finale, quale parte è la più fondamentale?

D: Non c’è una parte più importante dell’altra. Sono tutte a pari merito. Non vai da nessuna parte se ne manca una. Senza un anello della catena, la borsa cade.

A livello umano, cosa ti passa il progetto di un prodotto?

D: Una grande soddisfazione che non è solo mia. Oggi i successi vanno condivisi. Il prodotto ha successo non solo perché ho scelto il colore bello, ma perchè qualcuno l’ha fatto bene.

D: Soprattuto nelle realtà più piccole e artigianali si trova una maggiore soddisfazione.

Sul tipo di pelle, di tessuto o materiale che scegli, rimani tanto sull’archivio. C’è una tua preferenza? 

D: Forse con il passare degli anni mi son reso conto di avere una passione per il velluto. Tirando le somme delle cose che ho amato è sempre stato tutto alti e bassi, però una cosa che è fissa e statica all’interno delle mie collezioni da quando ho cominciato è il velluto.

Come mai?

D: Trovo che una borsa di velluto sia bella sempre. Di giorno, di sera. D’estate e d’inverno.

Un colore che ti piace di più?

D: Il nero. sono molto Basic. I miei colori sono il blu, il nero, il rosso, il verde e l’oro, sono i 5 colori che porto avanti sempre, dappertutto. Se uno guarda le mie collezioni si rende conto per cosa è fissato Daniele oggi. passo periodi completamente assorbito da un colore e tutto viene fatto seguendo quello  a prescindere dalla tendenza. 

Il Modello a cui più sei legato?

D: la Queen Micro, perchè una borsa che io volevo tantissimo fare, che veniva sempre rimandata. È stata poi un successo. Poi le proporzioni sono uscite perfette e come look è la borsa che mi piace di più.

Cosa rappresenta per te una borsa Daniele Amato? 

D: È lampante anche solo aprendo il mio profilo Instagram. E’ tutto lì. Il mio amore che c’è per ogni cosa è tutto lì. E il fatto che funzioni così tanto, al di là delle regole, è proprio per l’amore che ci metto. Perchè ci metto tanto amore e la gente se ne accorge. 

A questo punto salutiamo Daniele. 

Nel mentre che lo salutiamo lo sentiamo chiamare da qualche ufficio. È indaffarato e super richiesto. Capiamo bene il perchè. 

Martina torna a salutarci. Anche noi usciamo. 

Quello che ci rimane è quanta storia ci sia in questa azienda e questo rende i suoi prodotti ancora più speciali. 5 minuti con Paolo Amato ci hanno aperto un mondo. Poi Daniele ce lo ha fatto scoprire attraverso la sua passione.  

I prodotti Daniele Amato sono interamente fatti a mano, mano che può essere quella di Monica, di Ilaria, di Cristiana.. Quello che soprattuto ci lascia Daniele con i suoi artigiani, è l’amore e la passione che il prodotto ha bisogno. Al di là delle tendenze, delle mode, del marketing, cose importanti, ma futili in confronto all’amore che davvero c’è bisogno per creare un bel prodotto. Anche per noi tutto il resto è passato in secondo piano. 

C’è bisogno di amore in quest’industria, c’è bisogno di passione e di voglia di creare. 

Usciamo da questa esperienza con una grande certezza: L’artigianalità batterà 100 a 0 qualsiasi altra cosa.

Daniele Amato è la prova che è e sarà sempre così. 

foto Ginevra Bagari @arveni.g