A due settimane dall’uscita del suo ultimo feat con VillaBanks: “Manette” (di cui è appena uscito il videoclip), Beatrice Quinta, ex concorrente di X-Factor, si racconta ad ADL mag. Il sogno di una ragazza che vuole diventare un’icona di libertà per la gen z.
Capello biondo e sguardo carismatico Beatrice Quinta, classe 1999, si è classificata seconda a X-factor 2022. Nei suoi testi parla di Sesso, amore e tanto altro diventando un riferimento per la gen z. Il suo ultimo singolo “Manette” feat VillaBanks già sta spopolando sui social.
Beatrice, nella tua hit “Attrazione fatale” canti “Collezionando ricordi per questa nuova stagione”…in quale stagione della tua vita ti senti ora?
Mi sento nella stagione della pazzia! Mi trovo in un periodo di grandi scoperte e di emotività, mi stanno succedendo molte cose nuove. E, soprattutto, ho capito che non posso decidere tutto io della mia vita. Non tutte le scelte dipendono da me, i tempi non li do io e devo imparare a lasciare che le cose vadano per il loro corso. Devo dire che, in questo, il percorso ad X-factor è stato fondamentale!
A proposito di X-Factor: dopo la partecipazione ad un talent con una risonanza mediatica così rilevante ti senti, per certi versi, un’icona per la generazione z?
Essere un’icona è qualcosa di molto impegnativo. Io ancora non mi sento un’icona, ma vorrei diventarlo. Vorrei rappresentare quello che per me sono stati alcuni artisti nella mia vita. Una persona in cui riconoscersi e con cui sentirsi meno sola.
Quali artisti ti hanno fatta sentire meno sola?
Beh, senza dubbio, Lady Gaga! La me bambina, a cui piaceva vestirsi stravagante, si è sempre rivista in lei anche a livello di immagine. Sapere che da qualche parte nel mondo c’era qualcuno che mi somigliava, quando attorno me vedevo tutti diversi, mi faceva stare bene. Dico Lady Gaga, ma ce ne sono molti altri; nel panorama italiano ho sempre ammirato Loredana Bertè per esempio. Vorrei essere questo per i miei fan, vorrei farli sentire parte di qualcosa.
Tu lavori molto bene con la tua immagine. Anche da questo punto di vista le tue icone ti hanno ispirato?
Assolutamente sì. Nel mio look ci sono molti riferimenti, spesso inconsci. Credo di avere interiorizzato talmente tanto queste reference che l’ispirazione diventa naturale, quasi inconsapevole, come se facesse parte del mio DNA.
Credi che la tua immagine sia parte integrante della tua narrazione artistica?
Certamente! Alla moda, troppo spesso, viene affibiata l’immagine della superficialità. La moda è molto più di un bell abito che ti fa un bel culo. Proprio come la voce, come un testo: la moda è un veicolo di messaggi, forse il più grande strumento di comunicazione. Essendo, però, parte della cultura di massa viene denigrata…un po’ come succede con la musica pop.

Parlando di icone e di musica pop mi viene in mente Raffaella Carrà. Vedo in voi molte similitudini…prima tra tutte quella di riuscire a dire con leggerezza grandi verità. Come rispondi a chi denigra il pop considerandolo futile e insignificante?
Intanto grazie! Raffaella è assolutamente un grande riferimento per me. La musica pop può piacere o meno, sono gusti! Non capisco, però, il senso di considerarla priva di significato solo perchè, per definizione, ambisce a piacere a tutti. Lo trovo un atteggiamento snobbistico: la cosa migliore che possa succedere ad un messaggio è che arrivi a più orecchie possibili.
Della mitica Raffa nazionale hai preso anche la capacità di parlare di sessualità. Nella tua discografia il sesso è un punto fermo, ne è un’esempio il tuo ultimo singolo “Manette” con VillaBanks. Nel 2023 una donna che parla di sesso scandalizza ancora?
Non scandalizza, ma ancora fa parlare. Se di sesso parlo io diventa un’evento se a farlo è un mio collega maschio, magari della scena urban, nessuno dice niente. Questa situazione è figlia della società macista in cui viviamo e che nel tempo abbiamo costruito. Non siamo la prima generazione di donne a parlare di sesso, ma sembra che tutti se ne siano scordati. Il problema è che dimentichiamo sempre quello che c’è stato prima di noi, rinneghiamo il passato in nome di una falsa unicità.
In cosa consiste questa falsa unicità?
Oggi c’è la smania di definirsi unici a tutti i costi senza rendersi conto che di veramente nuovo non c’è niente. E’ tutto una somma, una rielaborazione di quello che c’è stato prima di noi e, spesso, facciamo fatica ad ammetterlo.
Il mondo della musica, soprattutto, in Italia, soffre molto del gender gap. Di fatto nell’industria musicale italiana le donne sono solo il 27% tra gli artisti, il 12,5% tra i compositori e il 2,6% nella produzione. Tu, nella tua carriera hai mai sentito il peso dell’essere donna?
Senza alcun dubbio! Per anni ho pensato che l’essere donna fosse il mio peggior difetto. Mi sentivo in colpa di essere portatrice sana di vagina. Alle donne è sempre richiesto di dimostrare qualcosa, di essere di più. In diversi ambienti mi è stato detto di non pormi in un certo modo perchè non sarei stata credibile, come se la mia esuberanza non potesse andare a braccetto con la mia voglia di lanciare dei messaggi.
Ti si è mai sentita in dovere di dimostrare qualcosa?
Proprio a X-Factor successe. Le persone non capivano che dietro la mia immagine pop e colorata c’era un messaggio più forte e un’effettiva competenza canora. Per questo motivo volevo comporre una ballad esibendomi facendo vedere al pubblico quanto fossi brava a prendere tutte le note del pianoforte. Fu il mio giudicie, Dargen, a dissuadermi dal farlo dicendomi che non aveva senso annullarmi per incasellarmi in un mondo che non mi rappresentava, solo per compiacere gli altri.
L’industria musicale vive dietro una narrativa che vede le donne le uno contro le altre…tu ti riconosci in questa visione?
No, no e ancora no. Sono stufa di questo racconto manipolato della realtà. La verità è che il mondo musicale è un tutti contro tutti e anzi, spesso, le donne sono più unite. Fanno squadra per sentirsi meno sole in un’industria che solo adesso sta cominciando a dare loro i giusti spazi.
In linea generale il nostro paese sembra che in fatto di parità di genere viaggi molto a rilento. I tristi fatti di questa estate registrano una crescente violenza e le dichiarazioni di alcuni politici su quanto successo, per esempio a Palermo, aggravano la situazione. Qual è il tuo punto di vista su quanto sta accadendo?
Parto dicendo che non potrò dire nulla che qualcun altro non abbia già detto meglio. Credo che tra la nostra generazione e quelle precedenti ci sia un gap non indifferente. Abbiamo due visioni del mondo completamente diverse per questo c’è bisogno di un confronto: senza quello rimaniamo due linee parallele che non si incontreranno mai. Gran parte dei problemi del nostro tempo, tutti figli della paura del diverso, scaturiscono da una mancanza di comunicazione. Siamo tutti convinti di avere la verità in tasca e questo mi fa molta pura.
Facciamo parte di una società che ci chiede di non sbagliare mai, credi sia possibile?
Certo che no! E’ quel sentimento di verità rivelata di cui parlavo prima che ci convince di poter non sbagliare mai. Non fare errori è impensabile. Parlo per esperienza personale. Anche io, che mi sono sempre considerata libera e aperta, sicuramente, nel tempo, ho avuto atteggiamenti sessisti, omofobi o razzisti. La chiave sta nel riconoscere questi errori e non rifarli più.
Parlando di sbagli, hai mai avuto paura di deludere qualcuno?
Vivo con la costante paura di deludere me stessa, le mie aspettative. Nel mio percorso sento enormemente questo peso. Non sono mai contenta, non mi do mai una pacca sulla spalla per i miei traguardi e questo mi fa vivere il viaggio in maniera poco serena. Siamo in un mondo che vede tutto attraverso il filtro del materialismo e, inconsciamente, anche io lo faccio. Tutto ciò mi rende triste e non mi fa gioire delle mie vittorie.
Non credi che questa tua costante voglia di fare passi avanti potrebbe essere, al contempo, una spinta al miglioramento?
Senza dubbio, ma, allo stesso modo, continuando a cercare traguardi e non mi godo il viaggio. Non ho scelto di fare questo lavoro: io devo fare questo lavoro. L’idea di poter trasformare la mia passione nella mia professione mi ha sempre reso felice. Ora, con questa costante paura di deludere le mie aspettative, mi ritrovo sempre a pensare che sarò felice al prossimo traguardo.
Continuando a parlare di futuro, Sanremo 2024 già è sulla bocca di tutti. Pensi che il palco dell’Ariston sia interessante per la gen z?
Beh, come si suol dire: “Sanremo è Sanremo”. L’Ariston è l’incarnazione del sogno all’italiana. Ad oggi, nel nostro paese, è il palco più cool che ci possa essere: non c’è evento di costume più importante di quello. Insomma: datemi Sanremo tutti i giorni!
Noi non aspettiamo altro che vederti scendere da quella scalinata un giorno o l’altro! Per chiudere Beatrice vuoi lasciare un messaggio alla generazione z?
Voglio lasciare un messaggio a tutti in realtà.
“Impariamo ad amare e non gettiamo via l’amore che è quanto di più prezioso abbiamo.”
Beatrice Quinta
Forse sarà banale…probabilmente nella vita precedente ero una figlia dei fiori!