Rassicurante, per non dire scontato, è lo show di Michael Kors. L’evento di punta della settimana della moda newyorkese ha avuto luogo al Domino Park di Brooklyn ed il tema scatenante è stato…udite, udite: la vacanza!
Sogno americano o incubo?
Sarà glamour, sarà incredibilmente chic, ma questa SS24 di Michael Kors più che rappresentare il sogno americano, pare essere un vero e proprio incubo. Un parterre di abiti rubati ai negozi di abbigliamento di paese sfila su una passerella ricoperta di fiori con background lo skyline della grande mela: avanguardia pura direi!

Kors si propone di portarci indietro negli anni ’60, ad una vacanza negli Hamptons. Silhouette ad A, pizzi, grandi occhiali da sole ed abiti che sembrano proprio essere stati pensati per una passeggiata in spiaggia. Le armonie sono perfette e tutto sembra essere creato per regalare allo spettatore una buona dose di confort e sicurezza in un mondo in cui tutti gli schemi si stanno ribaltando. Ed è proprio questo punto a disturbare. Non sono le proporzioni, non sono i colori o le forme che, al contrario risultano perfette, come avessero seguito alla perfezione i canoni di Policleto. A far storcere il naso è la totale asincronia del racconto di Michael Kors rispetto alla realtà corrente.

Moda o abbigliamento?
Da Michael Kors, di certo non ci aspettavamo la rivoluzione, ma questa sfilata è proprio l’esatto opposto di quello che la moda dovrebbe fare. Kors non racconta nulla di ciò che sta succedendo nel mondo e pare essere totalmente disconesso dall’oggi. Se è vero, come è effettivamente, che fare moda non significa solo fare vestiti, ma significa essere attori nel cambiamento della società allora MK, forse, non si sta occupando di moda, ma di semplice abbigliamento.

Nulla è sbagliato allora, se non il posizionamento in un mondo che non gli appartiene. Pare assurda una distinzione tra moda e abbigliamento, ma il distacco, seppur sottile, c’è. L’abito può avere due funzioni nel sistema: essere il fine stesso dell’azienda, oppure essere il prodotto attraverso il quale comunicare qualcosa. Ecco allora che nel primo caso si parla di abbigliamento, mentre nel secondo di moda. A scanso di equivoci, ciò non significa che nella moda il prodotto sia secondario, ma significa che acquisisce più significati rispetto alla sua stessa ragion d’essere.

Quando parliamo di moda parliamo di un sistema complesso che non ha nulla a che vedere con gli orli e le pinces (o meglio non ne sono il fine ultimo), al contrario parliamo di una fotografia, atta al cambiamento e, perchè no, al dirottamento, della società. Sistema di cui, forse, Michael Kors non fa parte, ma d’altronde, se non sfilasse lui a New York chi rimarrebbe?

Che poi, volessimo dare a Kors un qualche merito, pare essere uno dei pochi superstiti a non essersi dimenticato che esistono le plus-size. Diamo a Cesare quel che è di Cesare!
