Sono stata a Getaria, città natale del Maestro Cristóbal Balenciaga, e ho visitato il Museo a lui dedicato: vi porto con me in un viaggio virtuale. Tra figura, mito, eredità.
Avevo da anni un sogno: visitare la città di Getaria nei Paesi Baschi, in Spagna, perché è il luogo in cui è nato Cristóbal Balenciaga. E perché proprio lì c’è lo splendido museo che porta il suo nome.
Quest’estate il mio sogno si è finalmente avverato e ho potuto approfondire ulteriormente i miei studi su colui che è universalmente considerato uno dei più grandi maestri della moda.
Cristóbal Balenciaga Eizaguirre nasce in una famiglia operaia il 21 gennaio 1895. Suo padre, un pescatore, muore quando lui ha solo 11 anni. Sua madre, importante figura di riferimento, è una sarta e lavora per la famiglia dei Marchesi di Casa-Torres.
Tutto ciò fa sì che, fin da piccolo, Balenciaga entri in contatto con la moda e la sartoria nonché con l’eleganza e il gusto raffinato della marchesa la quale incoraggia il suo talento e diventa una delle prime clienti.
Durante gli anni che trascorre a San Sebastián, il giovane sarto lavora per piccole attività legate alla moda parigina. A quel tempo, infatti, la città viveva un periodo di splendore grazie alla presenza della corte spagnola durante l’estate e all’attrazione turistica esercitata dalla costa basca.
All’età di 22 anni, Cristóbal Balenciaga apre la sua prima attività. Dopo varie vicende e cambi societari, nel 1937 si trasferisce Parigi, abbandonando la Spagna a causa della guerra civile.
È senza alcun dubbio il periodo parigino a valergli il riconoscimento come uno dei couturier più influenti della storia.
Apre al n. 10 di Avenue George V e questa scelta non solo gli dà accesso ai più importanti fornitori di tessuti e ai più grandi specialisti nei mestieri legati alla Haute Couture, ma lo mette anche in contatto con una clientela cosmopolita di enorme importanza sociale, culturale ed economica.
Il successo lo accompagna fin dalla presentazione della sua prima collezione nel 1937.
Le sue creazioni – basate sulla purezza delle linee, sulla reinterpretazione della tradizione spagnola e sullo sviluppo di volumi innovativi – segnano la moda nei decenni centrali del XX secolo.
La sua precisione, la sua abilità tecnica e il suo perfezionismo gli valgono l’ammirazione – e in alcuni casi la venerazione – da parte dei colleghi contemporanei.
Christian Dior lo definisce «il maestro di tutti noi», mentre Hubert de Givenchy dice che è «l’architetto della Haute Couture».
Perfino Coco Chanel lo ammira, lei che non è affatto tenera con molti suoi colleghi e che liquida Elsa Schiaparelli con sufficienza chiamandola «l’italienne» (e Schiaparelli ricambia con «quella modista», riferendosi agli esordi di Chanel come creatrice di cappelli).
Per Paco Rabanne e per la sua passione per i materiali inconsueti tra cui i metalli, Chanel conia il soprannome «le métallurgiste», il metallurgico.
Ma quando parla di Cristóbal Balenciaga, Coco dice che è «l’unico vero couturier».
È la verità, Balenciaga si rivela anno dopo anno un grande, grandissimo couturier.
La sua capacità di innovazione, in sottile e costante evoluzione, la sua conoscenza dei tessuti, il suo senso delle proporzioni e della misura, la sua visione e interpretazione del corpo femminile gli fanno guadagnare il giusto riconoscimento come uno dei designer più influenti di tutti i tempi.
Se gli Anni Cinquanta sono influenzati dal New Look lanciato da Christian Dior nel febbraio del 1947 attraverso la Ligne Corolle e la Bar Jacket, Cristóbal Balenciaga ha un’altra idea.
Ricerca, sperimenta, introduce e perfeziona diverse linee che cambiano la silhouette femminile. Si allontana dalle norme socio-culturali dell’epoca e introduce gradualmente gradi di astrazione sempre più elevati.
Come? Punta sulla schiena, sposta e poi sfuma il punto vita, genera volumi, semplifica e pulisce i tagli.
Introduce dapprima la cosiddetta linea “tonneau” (letteralmente a botte, 1947) e poi le gonne “a palloncino” (1953), l’abito a tunica (1955), l’abito “a sacco” (1957, evoluzione della linea “tonneau”) e l’abito “baby-doll” (1958, di forma a trapezio e che elimina completamente il punto vita).
Anno dopo anno, Cristóbal Balenciaga si orienta sempre più verso il minimalismo formale che caratterizza definitivamente le sue creazioni del decennio successivo. Mette a fuoco quella distanza concettuale tra corpo e abito che gli fanno guadagnare gloria eterna e un posto nella storia della moda.
Nel 1960 viene nominato Chevalier de la Légion d’Honneur, onorificenza francese tra le più significative. La stampa internazionale si riferisce a lui chiamandolo «Maestro» e «Re dalla Haute Couture».
Ma nel 1968, quando la Haute Couture comincia a perdere di rilevanza in favore del prêt-à-porter, Cristóbal Balenciaga decide di ritirarsi, rifiutando di cedere all’ascesa del nuovo segmento della moda.
Si spegne nel 1972, a 77 anni, e viene inumato nella sua città natale.
Nel 1999 nasce la Cristóbal Balenciaga Foundation. È presieduta da Hubert de Givenchy ed è composta da importanti nomi della moda e della cultura con l’obiettivo di preservare e diffondere l’opera del grande couturier.
Il Museo di Getaria (modernissimo e bello anche dal punto di vista architettonico) si pone al centro di questo obiettivo. Ospita mostre che, di volta in volta, puntano il riflettore su un diverso aspetto della figura e del lavoro del Maestro.
La mostra attualmente in corso – e che ho visitato – si intitola ‘Balenciaga. Character’ e parla della riconoscibilità della Maison riunendo alcuni dei modelli più distintivi e rappresentativi.
Il percorso comprende circa 90 pezzi distribuiti in cinque sale. È possibile apprezzare silhouette, volumi, tessuti e ricami e scoprire quel mondo, spesso nascosto, e reso possibile dal taglio, dalla tecnica e dalle finiture.
Mentre mi spostavo da una sala all’altra con gli occhi colmi di meraviglia, ho pensato a quanto Cristóbal Balenciaga e Demna Gvasalia, attuale celeberrimo direttore creativo della Maison, siano vicini e allo stesso tempo lontani.
A mio avviso, sono vicini perché entrambi sono dei rivoluzionari, sebbene in modi diversi.
I contributi concettuali, tecnici e formali di Cristóbal Balenciaga hanno lasciato un segno indelebile nella storia della moda.
«Era un rivoluzionario senza fare la rivoluzione», ha detto di lui Hubert de Givenchy, aggiungendo che i suoi cambiamenti «erano sottili e progressivi e allo stesso tempo inesorabili, sempre in anticipo rispetto agli altri».
Era talmente in anticipo che la sua linea a sacco, per esempio, è stata una delle più controverse e discusse. In mostra si può vedere il video di una donna che passeggia per le strade di Parigi indossando uno di questi abiti e facendo girare quasi tutti gli uomini e tutte le donne che incrocia. Impossibile non pensare a Demna e alla sua capacità di non lasciare mai indifferenti.
Ciò in cui sono invece più lontani è il modo di gestire la propria figura e il proprio lavoro.
Cristóbal Balenciaga era considerato invisibile ed enigmatico.
Geniale quanto schivo, odiava la mondanità: non amava mostrarsi e presenziava difficilmente perfino alle prove delle sue clienti, incluse le più importanti.
Non solo la sua vita personale è sempre rimasta discretamente in secondo piano, ma perfino la sua stessa immagine e le sue parole. Di lui ci sono pochissime fotografie e sono ancora meno le interviste che ha rilasciato.
Eppure il suo pensiero e la sua visione ci sono arrivati forti e chiari grazie alle sue silhouette, iconiche e senza tempo.
È stato il suo lavoro a parlare per lui, con l’aggiunta di poche parole ben dosate.
«Un modisto debe ser arquitecto de la forma, pintor para el color, músico para la armonía y filósofo para la medida.»
Così diceva Cristóbal Balenciaga.
«Un couturier deve essere un architetto della forma, un pittore per il colore, un musicista per l’armonia e un filosofo per le proporzioni.»
Lui è riuscito a incarnare tutto ciò. Alla perfezione.
Qui trovate il sito del Museo Cristóbal Balenciaga e qui il profilo Instagram
Tutte le foto sono state realizzate in occasione della visita presso il Museo Cristóbal Balenciaga, Getaria