Il femminismo: una idea di ieri, una lotta di oggi, un trend di domani.

da | NEW DESIGNERS

Ad ascoltare Emma Watson o Malala parlare alle Nazioni Unite e difendere nuoveidee femministe si è tentati di chiedersi cosa hanno generato gli ultimi cinquant’anni per la causa delle donne. Il femminismo storico era nato alla fine degli anni Sessanta unendosialle contestazioni di milioni di giovaniper un mondo migliore, libero dalla guerra e dalle ingiustiziee lontano da quel potere esclusivo del capitale contro il quale inneggiarono le prime lavoratrici dell’industria che, talvolta, persero la vita manifestando intorno alle fabbriche. Da allora i riflettorihanno focalizzato la liberazione sociale delle donne.Il femminismo classicoha dato il diritto di voto, il governo del corpo, un avvicinamento nelle retribuzioni. Questo progresso permea la vita di tutti i giorni, fino a toccare persino la routine giornaliera della bellezza. Il trucco può far sentire bella e sicura ma anche illuminare differenze. Con pochi semplici atti di coscienza, le donne possono trasformare la loro routine quotidiana in rituali quasi femministi. In larga parte del pianeta la donna ha affermato il diritto di scelta: tra l’altro, su nuovi valori sociali e sessuali, in antitesi a vecchie certezze sulla passività psicologica dell’elemento femminile, presenti anche in Freud. Il femminismo della scelta ha impresso forza alle contestazioni e negli Stati Unitiil campo dove si è andati più avanti è forse quello del management:per dirigere aziende e grandi organismi pubblici le donne hanno dovuto dimostrare di valere almeno quanto gli uomini in termini di autorità, conoscenze e resistenza allo stress; nuove personalità femminili hanno guidato governi in percorsi difficili,ricorrendo ad operazioni militari come mezzo estremo di risoluzione di conflitti; infine, nello sport la donna ha sviluppato una competitività che era solo del genere maschile. Le donne hanno dovuto acquisire tratti di personalità ibrida per conquistare dirittinon certoelargiti!
La donna dell’emancipazione si è ritrovata anchenella moda. La rivista Vogue, pur nel suo élitismo, non poteva non rendersi partecipe delle esigenze di libertà e trasgressione di quegli anni: dai Pink Floyd agli autostop, da William Eggleston che immortala le più lontane periferie americane alla Pop Art di Andy Warhol. Le modelle di allora eranoleggere e radicatein contrasti netti di colori, romantici ed autonomi. Tutto sembrava assomigliarsi ma l’eccentricità di alcuni abiti esaltava differenze dell’ultimo minuto. Il Gunther Sachs di Warhol riassume il suo fascino in un momento multicolore in cui l’uomo non cerca più la donna ma la attraversa con lo sguardo. Una donna sempre più avvolta in grandi pantaloni e in cappelli etnici, con scarpe rialzate e stili folk, scozzesi o sgargianti, minigonne vertiginose o tute spaziali. La donna iniziava a possedersi in modo libero ed il suo look ispirava generalità, creatività e libertà.
Che ne è oggi di tutto questo movimento che molto ha cambiato il mondo?La donna ha guadagnato accessi di prestigio: dentro università, consigli di amministrazione, eserciti e finanche nelle stesse comunità religiose!Tuttavia, le disuguaglianze nei percorsi sociali enella ripartizione del lavoro familiare resistono. Questo mondo sembra cambiarein tempo reale ma anche escludereprotagonisti assoluti: ele donne sono invece gelose delloro cambiamento!
Nuove domande emergono. Quanto può cambiare la donna se l’uomo stesso non cambia? Dell’uomo si è evoluto il comportamento, assai meno il suoessere interiore; è cresciuto il suo rispetto verso la donna, ma nonla risposta alle sue domande; si è in cerca dimodelli familiari più avanzati, maturando poida essi un certo distacco emotivo; ancheil mondo delle organizzazioni si è orientato verso concetti disostenibilitàma senza creare nuove vere configurazioniorganizzative (oltreDrucker).In politica,l’uso della forza comprende bombardamenti programmati di paesi e crisi umanitarie: qui si elogiano le aviatrici e i chirurghi donna, ma nessuno vede bene chi fa che cosa.Il femminismo sta diventando altro. C’è il rischio che gli uomini chiedano di meno alle donne e diano di meno. L’uomo può piangere serenamente in pubblico? La derisione verso l’altro sesso può avere una fine? I valori universali femminili esprimono globalità e attenzione al particolare, la cosiddetta tendenza “glocal”: ma che cos’è questacosase non una risalita dell’umanità verso l’unità?E cos’è l’unità se non un concetto tipicamente femminile e femminista?

L’unità, l’incontro, questa è la placca tornante del nuovo femminismo. E’ l’esatto opposto del terrorismo, perché i terroristinon incontrano nessuno.La donna vuole incontrare l’uomo. E’ un sogno lontano, ma è una lotta vicina. Anche nella moda si svolge il duello più antico tra il potere e l’amore. Troviamo stilisti sensibili all’uguaglianza uomo-donnainsieme aduna moda naturale improntata a tessuti luminosi e colori di fusione. Per utilizzare il linguaggio del grande psicanalista cileno Matte Blanco si potrebbe dire che la tendenza verso l’uguaglianza tra i sessi è una forma di simmetria tra diversi e di emozione versol’infinito.Ciò contrasta con la finitezza delle lotte e della quotidianità del femminismo che disgiunge le posizioni tra uomo e donna creando dramma, poesia, esigenza, conflitto e trascendenza.
Il conflitto creativo, la lotta. Del resto, come leggere la storia femminista se non attraverso lotte, difficoltà, dialettiche e capovolgimenti di fronte? Le antenate del femminismo hanno dovuto fare un duro lavoro per cambiare la percezione della bellezza femminile. Donne di affari come Mary Kay, Helena Rubinstein ed EstéeLauder non hanno semplicemente portato il rossetto opaco sul mercato. Hanno anche dato alle donne un’opportunità di essere solvibili e motivate per avviare le proprie imprese.

Un altro aspetto nella storia femminista èla reputazione del“brand”. Nessuna donna vuole scoprire che il suo cosmetico preferito contiene sostanze contaminanti o che il proprio marchio di bellezza decentra produzioni in paesi che impiegano lavoro minorile. La responsabilizzazione dei consumatori è un requisito femminista — soprattutto se si considera quei prodotti di bellezza portati aggressivamente verso le donne. C’è potere negli acquisti, e va usato in modo appropriato.Occorre anche prestare attenzione alla pubblicità. Ci sono annunci con donne nude mercificate o parzializzazioni del corpo per vendere il prodotto; abbracciare le immagini giuste e respingere quelle sbagliate comporta un lungo cammino nel cambiare lo script dei messaggi.
Occorre poi trovare un modello positivo di bellezza. Abbiamo idolatrato figure della cultura pop per il loro intellettoe coraggio: perché non considerare ancheuna loro bellezza firmata? Come qualcuno ha osservato, gli occhi fumosi di Elizabeth Taylor o il labbro rosso di Gwen Stefani possono dare ispirazione partendo da una donna potente per sviluppare il proprio biglietto da visita di bellezza.
La bellezza è femminismo e il femminismo è ambientalismo a causa del cambiamento di clima e di rifiuti urbani che colpisce le donne nel mondo. Catastrofi naturali hanno colpito i cittadini più poveri e spesso sono donne. Inoltre, trovare prodotti che non avvelenano la pelle o l’acqua potabile è generalmente una buona idea di mercato (vedi safecosmetics.org e cosmetico-products.net).
Con una nuova pressione globale sulle donne il femminismo ritorna più attuale che mai. Per molte ragazze la radicalità della seconda ondata femminista ed il femminismo “rossetto” della terza ondata vengono percepite fuori moda. Emerge il sexy femminismo, una dimensione inclusiva, aperta, vicina alla moda minigonna e che copre una vasta gamma di argomenti dai problemi del corpo e della politica locale fino ad incontri ed al sesso. Il sexy femminismo è pieno di consigli, risorse e riferimenti alla cultura pop che aiuteranno a formare ciò che si vuole.

Dilaga anche il problema del gender. Si rivendica il sentirsi maschili e femminili lungo uno spettro comune di qualità: l’approccio riguarda direttamente i modelli del fashion dove Emma Watson dialoga con Stella Mc Cartney o Bella Freud. Il ragionare in chiave di gender conduce nel settore della moda ad un mondo di modelle in carne ed ossa non idealizzate e fortemente positive. Un mondo, questo, senza attributi esclusivi.

La modaè stata a lungo considerata come ‘affare delle donne’. E le donne hanno sostenuto, con i loro viaggi ed interventi,il campo dell’effimero. Ma la moda è così in quanto considerata dalla storia come un dominio femminile? E’ l’interesse nella moda a perpetuare una emarginazione delle donne? Insomma: èla moda irrimediabilmente antifemminista?In realtà, da tempo immemorabile le donne hanno lottato per approssimarsi ad un paradigma in continua evoluzione di bellezza e perfezione. C’è sempre lavoro da fare per essere più seducenti, più sexy. Corsetti hanno ristretto fianchi, corpetti hanno alzato i seni e tacchi a spillo hanno allungato le gambe. A seconda del tempo e delle circostanze,l’aspirazione è stata verso il pudore e la verginitàcon una sembianza, però,verso la disponibilità immediata. Tutto per gli uomini. L’interesse per la moda renderebbe le donne superficiali; nessun interesse lefarebbe apparire indesiderabili. Quale donna non ha conosciuto l’orrore della spogliatoio el’ansia che accompagna il vestirsi per uscire? I vestiti di una donna sembrano assumere un’autorità oggettiva su di essa, fino a giudicarla!

Il 1970 femminista ha difeso il diritto della donna ad indossare quello che vuolema a quale prezzo? Twiggynon è stata assimilata ementre la mini-gonna era apparsa una espressione di libertà,essa lasciava insinuarela promessa di un sesso prontamente disponibile. Non per la prima volta, gli uomini si erano appropriati del progresso delle donne ed erano stati capaci di utilizzarlo a proprio vantaggio!

Tra l’altro nel 1970 le lotte suggerivano che la moda era appannaggio di quelli che non pensano. La moda ha invece molto in comune con l’architettura. Entrambi richiedono la riconciliazione di forma e funzione, ma l’architettura vede le cose sul serio ed il linguaggio dell’architettura viene compreso solo dall’erudito mentre tutti pensano di capire il linguaggio della moda: cioè che una gonna corta significhi sesso e un décolleté a vista invitiil desiderio.Se tutti pensano di sapere ciò che alcuni indumenti simboleggiano, sembra inutile apprezzare una gonna corta e tacchi alti perché c’è sempre il rischio di una disparità tra la percezione di osservatore e quella di osservato. Come può una donna essere sicuradi non indossare un vestito dietro pressioni insidiose di cui non è a conoscenza, e che hanno determinato la sua scelta?

Gli idealisti credono in un mondo in cui la donna indossa ciò che vuole senza il timore che i vestiti siano soggetti a una miriade di preconcetti e pregiudizi.Maquesto èsoloidealismo!Tutti gli indumenti hannosempre avuto impatti simbolici, ed è giusto così. Il simbolismo fa parte di ciò che ci rende umani. Fa parte del fatto che intorno a noi vi siano cose importanti. Non dovremmo mai abbracciare una estetica che non sia il punto di intersezione di innumerevoli connotazioni.

E del resto anche i simbolismi cambiano. Troppe donne di potere e di influenza ora pensano che per essere prese sul serio debbano apparire sciatte o vestirsi come un uomo. Ci stiamo rilassandosu ciò che costituisce’abbigliamento adeguato’, come auspicato dal femminismo del 1970?Anche gli uomini si banalizzano con le attrezzature della palestra e quei prodotti miracolosi che promettono di stimolare i centri neuro-ormonali!Del resto lo status quo del settore moda è statoscandito da uomini.Le eroine di Jane Austen erano confinate nel lavoro domestico e nel ricamo quando gli dei della moda divenneromaschili (con l’eccezione di Coco Chanel): Christian Dior, Cristobal Balenciaga, Yves Saint Laurent, Gianni Versace, e così via. La donna ha indossato abiti disegnati da uomini, per piacere agli uomini!

Ora, tuttavia, dopo l’ascesa prima di Vivienne Westwood e Diane von Fürstenberg e poi di Donna Karan, JilSander, Isabel Marant, Miuccia Prada, Stella McCartney, Phoebe Philo e Sarah Burton, le cose stanno cambiando. E ci sono segnali che le donne designerproducano vestiti che altre potrebbero in realtà voler indossare o su cui modellareuno stile femminilediverso dalla bizzarra invenzione che, troppo spesso, è stata la firma di direttori creativi di sesso maschile.La donna continuerà ad avere un interesse per la moda e ad indossare abiti. Mala donna spesso non è ancora dove vorrebbe o potrebbe essere. Ci sono milioni di donne che non godono di cose ovvie, in un mondo che dà fiducia al genere femminilequandoha qualcosa da raccomandare. E’ possibile che le donne siano in grado di recuperare e ridefinire ciò che indossano e di venire davvero a possederlo, piuttosto che essere soggette ad un potere talvolta percepito per rendere la donna qualcosa di diverso da sé stessa.

GIOVANNI CIRAOLO

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