Monster: The Ed Gein Story debutta su Netflix, raccontando la vera storia “del macellaio di Plainfield”, l’uomo che ha ispirato i più grandi cult horror
Ci sono storie che non smettono mai di inquietare, anche a distanza di decenni. Una di queste è quella di Edward Theodore Gein, conosciuto al mondo semplicemente come Ed Gein. Nato nel 1906 e cresciuto in un paesino sperduto del Wisconsin, Gein era un uomo qualunque: taciturno, isolato, apparentemente innocuo. Ma dietro la facciata di contadino solitario si nascondeva un universo da incubo. Negli anni ’50, la polizia scoprì che non solo aveva ucciso almeno due donne, ma che aveva dissotterrato corpi dai cimiteri e creato oggetti con parti umane. Maschere di pelle, mobili rivestiti di cutis, vestiti cuciti come un macabro cosplay della morte. Quando le autorità entrarono nella sua casa, la scena sembrava uscita da un film dell’orrore… solo che era tutto vero.
Gein fu dichiarato mentalmente instabile e trascorse il resto della vita in istituti psichiatrici fino alla morte, nel 1984. Ma la sua vicenda, così disturbante e al tempo stesso così incredibilmente cinematografica, non è mai rimasta confinata alle pagine di cronaca.

Perché Ed Gein è ancora importante
Perché oggi, nel 2025, Netflix decide di dedicargli una stagione intera della serie “Monster”? La risposta è semplice: Gein non è solo un criminale, è l’origine di un immaginario. Da lui hanno preso ispirazione personaggi che hanno fatto la storia del cinema: Norman Bates in Psycho, con l’ossessione per la madre; Leatherface in Non aprite quella porta, con la pelle indossata come maschera; Buffalo Bill in Il silenzio degli innocenti. In pratica, gran parte dell’horror moderno ha il suo DNA.
Raccontare Gein significa quindi raccontare l’evoluzione stessa della paura sul grande schermo. Non più mostri soprannaturali, ma esseri umani, con le loro ossessioni e follie, capaci di trasformare la quotidianità in un incubo. Ecco perché la sua storia torna ciclicamente: perché è reale, perché è disturbante, e perché ci obbliga a chiederci quanto sottile sia la linea che separa la normalità dalla follia.

La serie: cosa ci aspetta su Netflix
Debutta “Monster: The Ed Gein Story”, terza stagione dell’antologia ideata da Ryan Murphy e Ian Brennan. Dopo aver scosso il pubblico con Dahmer, questa volta la sfida è ancora più rischiosa: raccontare un uomo che è già diventato “leggenda nera” e che rischia facilmente di essere ridotto a caricatura. Nel ruolo di Gein troviamo Charlie Hunnam, affiancato da Laurie Metcalf nei panni della madre Augusta e, a sorpresa, da Tom Hollander nei panni di Alfred Hitchcock. Già questo dice molto: la serie non vuole solo narrare i fatti, ma anche dialogare direttamente con il cinema che da quei fatti ha tratto ispirazione.
Il trailer ci dà un assaggio di quello che vedremo: atmosfere cupe e lo stesso Gein che si rivolge al pubblico dicendo “You’re the one who can’t look away”. Un colpo basso, perché ribalta la prospettiva: non è più soltanto lui il mostro, ma anche noi spettatori, incapaci di distogliere lo sguardo dall’orrore.
Intrigo o spettacolarizzazione?
E qui nasce la grande domanda: sarà una serie che va davvero a fondo nella psiche di Gein, nella sua solitudine, nella sua ossessione malata per la madre e nella comunità che non ha saputo o voluto vedere i segnali? Oppure si limiterà a sfruttare il lato più horror e sanguinolento per attirare pubblico? La linea è sottilissima, e lo sappiamo bene: con Dahmer le critiche non mancarono, accusando Murphy di trasformare tragedie reali in intrattenimento da binge-watching.

Il rischio di spettacolarizzare è altissimo: Ed Gein non è Leatherface, è una persona vissuta realmente, con vittime reali e ferite ancora aperte nella memoria di una comunità. D’altro canto, il trailer lascia intravedere ambizioni più profonde: non un semplice horror, ma una riflessione sul nostro rapporto con la violenza e sull’ossessione collettiva per il true crime.
In conclusione
Monster: The Ed Gein Story è una scommessa enorme. Da un lato, c’è la possibilità di realizzare un racconto che vada oltre il macabro, capace di mostrare come i “mostri” non nascano dal nulla ma siano il frutto di traumi, ossessioni e contesti sociali. Dall’altro, c’è il rischio di cadere nel sensazionalismo, di trasformare la storia in un catalogo di orrori a episodi. Il trailer sembra promettere un viaggio disturbante e intrigante, ma la vera sfida sarà restituire a Gein la sua dimensione umana — per quanto mostruosa — e non trasformarlo solo in un mostro da baraccone. Perché l’orrore, quando è solo fine a se stesso, smette di far pensare e diventa puro intrattenimento da dimenticare il giorno dopo. La domanda è: Netflix avrà il coraggio di andare oltre la paura e mostrarci davvero chi era Ed Gein?
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