La Storia del Gin Tonic : il Cocktail Antimalaria 

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Credevi fosse solo un cocktail da sabato sera? In realtà il Gin Tonic ha salvato interi eserciti dall’epidemia più temuta del passato: scopri la storia del farmaco antimalaria 

Il re degli aperitivi, il cocktail che non manca mai alle nostre feste, non è nato solo per darci la scossa in preserata o accompagnare un’uscita tra amici. In origine, il gin tonic aveva una funzione ben diversa, era un vero e proprio rimedio contro la malaria. Dietro le sue bollicine frizzanti e quel gusto amaro, si nasconde una storia curiosa.

L’elemento essenziale di questa bevanda è il chinino, un alcaloide ricavato dalla corteccia della Cinchona, pianta originaria del Sud America. 

Nel Seicento, missionari e medici lo usavano per abbassare la febbre dei malati. Non è un caso se Carl Linnaeus, il padre della classificazione botanica, decise di battezzare la pianta in onore della contessa di Chinchón, che secondo la leggenda guarì proprio grazie a questa corteccia miracolosa.

gin tonic

Il farmaco amato dall’Impero Britannico

Rimanendo fedeli alla leggenda, si racconta quanto il chinino avesse un sapore terribile, amaro, anzi amarissimo. Trovandolo imbevibile, i soldati dell’Impero britannico, che dovevano assumere il rimedio per sopravvivere nei territori tropicali, mascherarono quel gusto sgradevole mescolandolo con acqua frizzante, zucchero, lime e… gin. Non solo il cocktail diventava finalmente gradevole, ma l’alcol aiutava anche a tenere alto il morale delle truppe. Insomma, quello che oggi chiamiamo Gin Tonic nacque come trucco coloniale per mandare giù una medicina.

Nel 1858 nacque l’acqua tonica “industriale”: grazie al chimico Johann Jacob Schweppe, il chinino entrò ufficialmente nelle bottiglie gassate che conosciamo oggi. Non più una pozione amara da campo di battaglia, ma una bevanda frizzante pronta per essere mixata e trasformata in un rito sociale. Non a caso Winston Churchill, grande amante del Gin Tonic, disse “ha salvato più vite e più animi dei dottori dell’Impero”.

Al giorno d’oggi, l’acqua tonica contiene ancora chinino, ma in dosi infinitesimali, giusto quanto basta per dare il tipico retrogusto amarognolo e il curioso “effetto fluorescente sotto la luce UV” che ci manda in tilt quando scendiamo in pista.

Quindi no, mi dispiace deluidervi, ma il vostro Gin Tonic del sabato sera non vi proteggerà dalla malaria.

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Illustrazioni: Aurora Longo