La moda è davvero inferiore a tutte le arti?

da | CULTURE

Tra tutte le arti la moda è, da sempre, considerata inferiore a tutte le altre. La più frivola, la meno facoltosa e la più – passatemi il termine – ignorante fra tutte. Ma per quale motivo? 

La moda è ovunque. Tutti facciamo uso e abuso della moda, spesso non rendendocene conto. Ogni mattina ci alziamo e la prima cosa che facciamo è decidere il nostro outfit, come presentarci al mondo e cosa vogliamo trasmettere alle persone che ci circondano. 

Allora per quale motivo viene sempre messa in secondo piano?

Agli occhi di tanti la moda è considerata solo “apparenza”, viene trattata con poco interesse dalla gente comune che ancora forse non ha riflettuto su quanto essa può essere potente. Tolto il fatto che probabilmente è l’arte che tra tutte smuove l’economia mondiale, dove soltanto in Italia il giro d’affari è del valore di 100 miliardi, quest’arte ha permesso grandissimi passi in avanti in ogni settore, dall’arte, alla musica, al teatro, alla politica, alla tecnologia, etc. Se percorriamo la storia, la moda è stata per anni e anni sinonimo di rivoluzioni. È da sempre uno specchio dei cambiamenti della società. 

Uno dei fattori che fa sì che essa soffra di un complesso di inferiorità rispetto alle altre arti è che in Italia non esiste ancora un museo della moda. Tante gradi maison propongono iniziative legate all’arte, al design, al cinema, ma mai progetti inerenti esclusivamente alla moda. 

Sono quindi loro in primis che, in qualche modo, tendono ad auto-escludersi dal resto della società. Un’altro, è la pochissima produzione libraria in questo settore. Quando entrate in una libreria e ci sono quelle enormi sezioni di letteratura italiana e estera, storia, filosofia, psicologia, romanzi gialli, ecc. e poi là, in fondo, nell’ultimo angolino, su un unico scaffale, c’è la moda, con i soliti quattro libri che abbiamo già letto e riletto mille volte.

Ma la moda è molto di più. La moda può farsi ispirare dalle altre arti e ispirare le altre, proseguendo un percorso che avanza da anni, ma in silenzio. 

Partiamo dall’arte

L’arte vive di moda, senza di essa diventerebbe povera; quanti quadri hanno rappresentato le mode dell’epoca, gli abiti, le calzature, i cappelli, gli ornamenti? Tantissimi. E spesso anche se il focus non era la moda, essa è sempre stata, ed è tutt’ora sempre presente nei dipinti e nelle sculture. 

Facendo un passo indietro, sono tantissime le collezioni di couture che si sono a loro volta ispirate all’arte. Yves Saint Laurent con il “Mondrian dress”. Elsa Schiaparelli e Salvator Dalì hanno collaborato a lungo, crearono abiti e accessori surrealisti fuori dal tempo, come il celebre “Lobster Dress”. Vera Wang e l’abito ispirato al “Giudizio Universale” di Michelangelo. Le borse di Jeff Koons per Louis Vuitton. I riferimenti sono tantissimi. Questo per dimostrarvi come, l’una (La moda) e l’altra (L’arte) si siano completate nel corso del tempo, e nessuna è inferiore né superiore all’altra.

La teatralità

Anche il teatro non può fare a meno della moda. Fin dall’antichità, durante le rappresentazioni greche, ad esempio, si richiedevano costumi più o meno particolari, con fogge squadrate, piuttosto che morbide, con accessori vistosi o minimal.

I costumi sono parte integrante dello spettacolo, per non dire fondamentale, permettono al pubblico di vedere un personaggio, di immaginarlo. I costumi sono essenziali. 

Paul Poirot, uno dei primi couturier di inizio Novecento, fu tra i primi che portarono la teatralità nelle collezioni di alta moda. Egli si ispirava moltissimo ai costumi e alle scenografie che Léon Bakst realizzò per i Balletti Russi di Sergej Diaghilev. Poirot portò le fogge orientali e i drappeggi nelle sue creazioni, dando vita a nuove tuniche stile impero, pantaloni alla turca. Fu il primo che tolse il bustino agli abiti, dando vita ad una rivoluzione sociale e culturale, oltre che stilistica, scaturita dal mondo del teatro. 

Il rapporto con la musica

“… essendo la musica l’arte più astratta, è la più vicina all’Assoluto”, come diceva Ennio Morricone, anch’essa ha bisogno dalla moda per identificarsi. 

Gli stili e le mode create nel Novecento – tutto ciò da cui noi ancora attingiamo per creare i nostri guardaroba – sono strettamente legate al campo musicale. Stiamo parlando delle famose sottoculture. Fino ad alcuni decenni fa la società si suddivideva in categorie in base alle preferenze musicali. I giovani si vestivano con accessori o capi caratteristici del genere a cui si sentivano di appartenere. La moda era diventato un modo per identificarsi – in realtà lo è sempre stato da quando è nata, i ricchi avevano determinati tessuti, i poveri altri più scadenti e così via -, ma è solo in questo periodo che i vestiti diventano mezzi d’espressione personale. 

Vediamo, esempio, negli anni Sessanta, con la rivoluzione giovanile, l’invenzione della mini gonna, e il significato di libertà che questa racchiudeva. Il tessuto denim, che un tempo era disposto solo per le tute dagli operai, diventa anch’esso parte di un guardaroba più chic e sofisticato e simbolo di ribellione, anche grazie agli attori James Dean e Marlon Brando. Negli anni Settanta si sviluppa il movimento degli hippie e dei figli dei fiori, anche loro con un loro stile, ricco di disegni pro-pace.

Negli anni Ottanta, esplode la moda punk, legata all’idea di anarchia, ribellione, trasgressione e provocazione. In questo caso nata dalla musica punk, che inizialmente definita anti-moda, ha poi  finito per diventare uno stile amatissimo e ancora oggi in voga (Sta tornando). Passiamo poi agli anni Novanta con il grunge, diffuso in reazione al consumismo sfrenato degli anni passati; all’hip-hop degli anni 2000, che ha permesso lo sviluppo dello stile Y2K.

Una rivoluzione sociale

Insomma, avrete capito che questi sono gli anni dove davvero la moda ha acquisito un vero valore, che non incarnava soltanto lo status sociale, ma la possibilità di mostrare agli altri chi siamo davvero, le nostre ideologie, i nostri gusti musicali, artistici e stilistici. È per questo motivo che, dopo tutti questi grandi passi avanti fatti nel Ventesimo secolo, fino ad oggi, la moda non deve fermarsi, non deve permettere agli altri di essere pre-giudicata da parole come “Bello” e “Brutto”, ogni cosa ha il suo bello se contestualizzata e legata ad un’idea. 

Anche la politica parla tramite gli abiti

La moda influenza la politica da moltissimi anni: pensate al Berretto Frigio della Rivoluzione Francese. Era un berretto rosso con la punta ripiegata sul davanti e fu simbolo della libertà, indossato da tutti i rivoluzionari. O per tornare al presente, tutti abbiamo impressa dentro di noi l’immagine di Donald Trump con la sua immancabile cravatta rosso acceso. Non si presenta mai in  pubblico senza. Perché? Il colore rosso, nella storia, è sempre stato un simbolo di potere, fa più minacciosi e vittoriosi. I primi ad utilizzarla furono Qin Shi Huang, l’imperatore cinese che commissionò la Muraglia, ma anche i mercenari croati che combattevano nella Guerra dei Trent’anni indossavano pezzi di stoffa rossa attorno al collo. 

Vedete come, in ogni caso, che si tratti di un presidente o di un’adolescente al primo appuntamento, tutti scegliamo cautamente e attentamente cosa indossare e quindi cosa comunicare agli altri di noi. 

Gli addetti ai lavori in questo campo non devono permettere al contesto sociale di sminuirli, anzi  son proprio loro che hanno il compito di far comprendere al mondo che la moda, forse a questo punto la più potente fra tutte le arti, ha influenza su tutto ciò che facciamo e diciamo.

Perciò, Moda, sii tu la prima a crederci, e vedrai che tutti poi ti seguiranno. 

Immagini: Pinterest