Il fascino senza tempo della penna

da | LIFESTYLE

C’è una magia particolare che si sprigiona quando impugni una penna. È un oggetto semplice, ma in grado di trasformare un pensiero in un segno tangibile, un’idea in qualcosa che rimane.

Da sempre la penna esercita su di me un fascino irresistibile. Ne colleziono diverse, senza un vero motivo pratico: mi piace averle sulla scrivania, vederle lì, pronte a scivolare su un foglio bianco e a dare vita ai miei pensieri. Scrivere a mano è un rituale che difendo con orgoglio. Per quanto le e-mail e i messaggi digitali abbiano ormai invaso la vita di tutti noi, non riesco a pensare come possano sostituire la bellezza di un biglietto scritto a mano. Ogni volta che preparo una lettera o un piccolo post-it con un “Buongiorno” da attaccare accanto alla moka, mi rendo conto di quanto sia potente questo gesto, personale, unico, vivo. La calligrafia ha questo dono, quasi come una voce scritta. Basta uno sguardo per riconoscerne l’autore, senza bisogno di leggere la firma.



Calligrafia: il DNA della scrittura

Scrivere a mano non è solo un modo per comunicare; è una forma d’arte, una dichiarazione di chi siamo. È affascinante pensare che, proprio come la nostra voce o il nostro modo di camminare, la calligrafia ci distingue dagli altri. È nostra e non è uguale a quella di nessun altro. Forse è per questo che scrivo a mano con gelosia, come se il mio tratto fosse un piccolo segreto da custodire e condividere solo con chi conta davvero.

Perché continuiamo a scrivere con la penna?

C’è qualcosa di profondamente diverso tra il battere su una tastiera e il muovere una penna su un foglio. Scrivere a mano è un’esperienza che coinvolge tutto il corpo e la mente. Non a caso, Henri Poincaré diceva che la creatività consiste nel connettere idee esistenti in modi nuovi. Per me, la scrittura manuale è proprio questo, un mezzo per intrecciare pensieri, idee, emozioni che, altrimenti, resterebbero lontani anni luce.

E poi, ammettiamolo, non c’è nulla di più “smart” di carta e penna. Gli studi lo confermano: scrivere su carta coinvolge più aree del cervello rispetto alla digitazione, aiutando a memorizzare meglio e a imparare in modo più efficace. Ma non servono ricerche scientifiche per capirlo. Chiunque abbia preso appunti a mano sa che c’è una connessione profonda tra il gesto di scrivere e il ricordo di ciò che hai scritto.



Scrivere a mano è un viaggio

Scrivere lentamente, con una penna, significa rallentare. Ed è un bene. Nel ritmo naturale del gesto c’è il tempo per riflettere, per scegliere le parole giuste, per lasciare che i pensieri si sistemino da soli. È come una danza tra la mente e il foglio, senza il filtro di uno schermo. È un momento in cui il mondo si ferma e resti solo tu, con le tue idee.

E non è solo una questione di memoria o apprendimento. Scrivere a mano è terapeutico. Riduce lo stress, aiuta a fare ordine nei pensieri, regala quella sensazione di calma che spesso ci sfugge. È come una forma di meditazione attiva, una pausa dal caos.

La penna: molto più di uno strumento

Ma non sono l’unica a essere ossessionata dalle penne. Ho scoperto che ci sono persone che trasformano questa passione in una vera arte collezionistica. E che collezione! Le penne stilografiche di lusso, prodotte da marchi come Montblanc o Montegrappa, non sono solo strumenti di scrittura, ma veri e propri gioielli. Alcune valgono più di una macchina (parliamo di cifre che si aggirano tra i 130.000 e i 230.000 euro). Come la Penna Roller Ancient Mexican Civilisations e la Prince Rainier III Edizione Limitata.

Ma non serve spendere una fortuna per apprezzare la bellezza di una penna. Anche la più semplice biro ha un ruolo speciale nelle nostre vite. È un oggetto che ci accompagna da sempre: a scuola, in ufficio, per firmare documenti importanti o per scarabocchiare pensieri su un foglio. È qualcosa che va oltre la funzionalità, che sopravvive anche in un mondo dominato dalla tecnologia.



Dalla piuma alla Apple Pencil

Se ci pensiamo bene, riflettere sulla storia delle penne significa, in fondo, ripercorrere la storia dell’umanità. Ogni epoca ha il suo strumento di scrittura: dalla piuma d’oca, che tra il V e il VI secolo inizia a sostituire i calami, agli eleganti modelli stilografici. Agli inizi dell’Ottocento, James Perry brevetta un pennino in metallo, dando il via alla trasformazione della penna in uno strumento più pratico e moderno. Nel 1939, con l’introduzione delle cartucce, la stilografica assume una forma simile a quella che conosciamo oggi. È sorprendente pensare che, dopo quasi un secolo, questo design continua a evolversi, rimanendo attuale e funzionale.

Ma il viaggio della penna non si ferma qui. Come non citare l’iconica BIC, la penna che tutti abbiamo usato almeno una volta nella vita. Con il suo corpo trasparente e il tappo con il foro introdotto nel 1980 per motivi di sicurezza, questo design geniale conquista il mondo. In oltre settant’anni, rimane praticamente immutato, con più di 120 miliardi di esemplari venduti.

Oggi, l’innovazione porta verso strumenti digitali come la Apple Pencil, ma il fascino della scrittura a mano rimane intatto. La penna si trasforma da oggetto artigianale a prodotto di massa, senza mai perdere il suo fascino. Ma, nonostante tutta questa evoluzione, la magia di scrivere a mano è rimasta intatta. È un gesto che attraversa i secoli, che collega passato e futuro.



Simbolo di resistenza culturale

Scrivere a mano è un’arte, un atto di resistenza contro la fretta e l’omologazione del digitale. È un modo per esprimere chi siamo, per lasciare un segno. E le penne, che siano oggetti di lusso o strumenti quotidiani, sono le nostre compagne in questo viaggio.

Secondo i dati raccolti da Statista, ogni giorno ci scambiamo 319,6 miliardi di email e più di 100 miliardi di messaggi WhatsApp in tutto il mondo. Un numero enorme, in continua crescita.

E così, mentre il mondo si riempie di notifiche e messaggi istantanei, io mi chiedo: con tutta questa tecnologia, continueremo davvero a scrivere e se sì, quale sarà, secondo voi, la penna del futuro?

Foto: Pinterest