Ombre e crisi nella moda. Chiuso un capitolo ne comincia un altro

da | LIFESTYLE

La moda è sembrata un’industria in crisi, sospesa tra contraddizioni e speranze di rinascita.

Sembra ci sia qualcosa di profondamente inquietante. Quasi surreale, nell’osservare il mondo della moda oggi. Un settore che, per decenni, ha incarnato il sogno, la ribellione, l’aspirazione e il progresso, ora si contorce sotto il peso della sua stessa insignificanza.

Non è una novità che la moda viva di crisi, ma quella che stiamo attraversando oggi ha un sapore diverso, più acuto, più irrimediabile. È come guardare un colosso crollare lentamente, impotenti, mentre cerca disperatamente di aggrapparsi al passato senza sapere come costruire un futuro.

Ripensando al periodo del Covid, quando il mondo intero si era fermato e persino il carrozzone mastodontico della moda aveva dovuto fare i conti con la propria inutilità, sembrava di essere sull’orlo di un cambiamento epocale. Ricordate? Ci raccontavano che niente sarebbe stato come prima, che la superficialità avrebbe lasciato spazio alla sostanza, che finalmente avremmo avuto un’industria più consapevole, più umana.

Ma eccoci qui, a pochi passi dal 2025, e cosa ci resta? Un ritorno al conservatorismo più esasperato, un’industria incapace di osare, paralizzata dalla paura di sbagliare, mentre le sue fondamenta continuano a sgretolarsi.

John Galliano lascia Maison Margiela, e con lui se ne va un pezzo di quella scintilla che un tempo rendeva la moda un’arte. Le poltrone si riempiono, certo, ma ciò che manca è la visione. Non ci sono più rivoluzionari, non ci sono più geni capaci di ridefinire le regole del gioco. Al loro posto, manager e tecnocrati, abili nell’equilibrismo tra numeri e marketing, ma privi di quella fame, di quel coraggio di immaginare qualcosa di nuovo. È forse questa la vera tragedia della moda contemporanea: non la crisi economica, non il crollo delle vendite, ma la sua terribile mediocrità.

Eppure, non possiamo non interrogarci. C’è ancora speranza? Forse. Magari il 2025 sarà davvero un anno-reset? come lo furono il 2012 e il 2015. Oppure riusciremo a scrollarci di dosso questo torpore, a ritrovare la strada perduta. Ma non sarà facile. Perché la moda, per rinascere, dovrà prima guardarsi allo specchio e affrontare le sue contraddizioni: il consumismo sfrenato, l’ossessione per il profitto a scapito della creatività, l’alienazione di un pubblico sempre più distante.

C’è un elefante nella stanza, e ignorarlo non lo farà sparire. La moda deve cambiare, e deve farlo in fretta. Non perché sia un lusso che possiamo permetterci, ma perché è una lente attraverso cui osserviamo il mondo. E se quella lente si appanna, se si spezza, il mondo stesso rischia di perdere un pezzo della sua anima.

Forse è ingenuo sperarlo, forse è solo il canto del cigno di un’industria che non sa più dove andare. Ma se c’è una cosa che la moda ci ha insegnato, è che anche nei momenti più bui può nascere qualcosa di straordinario. Speriamo che questa volta non faccia eccezione.

Scopriremo cosa ci riserverà 2025.