Passerella a Parigi: welcome back at Ville Lumière

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Quarto giorno in passerella

Continua la Paris Fashion Week, e con oggi, siamo al quarto giorno.

Coco Chanel diceva: “la moda è un linguaggio che parla da sé”. Innegabile. Non c’è motivo alcuno per il quale si debba darle torto. Ogni designer, ogni brand, trasmette qualcosa, lancia un messaggio e che il tema sia universale o meno, poco importa. Perché? Semplice, perché alla fine, sarà come quel messaggio è stato trasmesso che ci rimarrà impresso. 

In questa quarta giornata vediamo l’apertura, in passerella, di Chloè. 

Chloè

In uno scenario dapprima futuristico, rivelatosi poi, un piacevole ambiente dalle sfumature bucoliche. Giocando sui toni del bianco e del verde, Chemena Kamali ci ha mostrato la sua seconda collezione.

In passerella vediamo sfilare le modelle con camicie bianche, finemente ricamate e dallo spessore minimale, pantaloni coordinati, alcuni di questi con cordoncini in vita.

Oppure pantaloncini bloomer, questo stile a palloncino che tra pizzo e ritagli al ginocchio, tessuti di cotone ci ricordano molto…l’intimo tra ‘700 e ‘800. In ogni caso non è una novità, l’uso di biancheria intima come capospalla, ma sembra che Kamali stia sfacciatamente reinventando gli stili tra XVIII e XIX secolo. La conclusione è un boom di floreale, tra rouche, abiti lunghi e morbidi in varie tonalità pastello con tenui fiori dei medesimi colori. Un’esplosione della “primavera” di Botticelli. Per la SS25  -doveroso un “Floreale a primavera? Avanguardia pura”- non ci aspettavamo questo rimando alla SS del 2022.

Tutta la collezione, nella sua delicata eleganza dei toni neutri e delle semitrasparenze, può essere ricondotta a un “indossa ciò che vuoi”. 

Se si vuole, invece, cercare qualcosa che reincarni la modernità e, al tempo stesso, la creatività penso sia doverosa una menzione alla sfilata di Uma Wang. 

Uma Wang

Non sono insolite le sfilate all’interno di location particolari. Questa volta, per la SS25, è toccato a una chiesa sconsacrata. 

Le modelle hanno sfilato al centro della navata. Protagonisti colori in palette neutre e terrose, con accenni di nero, sono sempre le shilouette a colpirci. L’uso di tessuti come cotone, seta o lino, hanno reso evidente un gioco di forme oversize con drappeggi e strati che scivolano sulle figure -a volte con elaborati intrecci o rouche- creando, nel complesso, un senso di calma e raffinatezza. Tutte caratteristiche volte a riflettere quella che vuole essere una bellezza discreta e sobria. 

Doveroso rimarcare l’attenzione ai dettagli di Uma Wang. La designer attinge profondamente al patrimonio sartoriale e visivo del suo paese: basta notare la cura nei dettagli, nelle cuciture elaborate e in applicazioni che, sicuramente, richiedono tecniche sartoriali decisamente uniche. 

In una sfilata, la location, il contesto è importante. Indubbio. Trasmette tutto ciò che il designer vuole far vedere, e questo, non avviene solo tramite le modelle e i modelli che sfilano, ma anche e soprattutto grazie all’ambiente che circonda gli ospiti. Eppure, quando siamo nel bel mezzo della fashion week a Parigi, è altrettanto facile pensare che, in quanto a location molti siano quasi dei set cinematografici. Spazi per kolossal, e -complice lo scenario di giugno- pensiamo subito alla passerella di Rick Owens. 

Rick Owens

Ancora una volta il designer si affida ad Hollywood. Il taglio è rigido ora, meno leggero di quello della sfilata uomo di giungo, e, lo si nota partendo dalla colonna sonora: Tristan und Isolde di Richard Wagner. Una collezione segnata dal nero dell’inizio in charmeuse, che, pian piano vira verso il beige pallido. Forme annodate e drappeggi caratterizzano i vestiti lunghi che hanno anche la coda, giacche tailored e rigide in seta delicatissima e trasparente, cappe in fragile tulle. Tutto richiama il contrasto tra la forza e la delicatezza. In una processione a gruppi, lenta e sotto il fumo, sfilano studenti e docenti delle scuole di moda. Persone vestite in una sartoria rigida, con mantelli, ricami, una prevalenza di nero e denim sdruciti arrivando a un finale dove cinghie e abiti in argento laccato chiudono la passerella. Sicuramente emotivamente impegnativa. 

Parigi è teatro di storia della moda, i più grandi nomi, hanno avuto origine lì. 

Schiaparelli

La rivoluzione della moda, la sua diffusione, è partita proprio da Parigi. Ora, tra i nuovi nomi campeggiano sempre le grandi storie: Schiaparelli è una di queste. 

La linea guida di una collezione femminile, essenziale e intramontabile c’è sempre. Quello che Daniel Roseberry definisce “Future Vintage”, raccontando una femminilità contemporanea, innovativa, senza rinunciare all’eleganza intramontabile di Schiaparelli. Il tentativo di portare il brand di Diego della Valle in un ready to wear, sembra riuscire. Colori vivaci, tessuti leggeri, stampe animali sono uniti a forme semplici e ariose, al denim e camice sagomate come abiti. «La collezione è volutamente ridotta. Ma è un momento straordinario per essere piccoli, perché ti permette di progettare con un vero scopo, e per noi lo scopo vince sempre sulla banalità. Il mondo può sembrare più caotico che mai, ma qui l’atmosfera è celebrativa: sia di ciò che la moda può essere, sia di come la moda può farti sentire», spiega Roseberry.  

La conclusione di questa giornata, forse quella che ci serviva, è l’esplosione di vivacità di Casablanca. Con un salto nel tempo fino all’America degli anni ’50 con abiti gessati in stile gangster, quattro auto vintage -dal sapore di un margarita a Cuba- al centro della passerella e gli anni ’70 subito dopo con colori e look luminosi ricordanti surfisti e skater. E con lo stile “Californication” da Parigi, è tutto! 

Photocredits: Vogue, Fashion Network, Instagram

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