Le discoteche sono cambiate?

da | LIFESTYLE

In questa grande palude, solo una cosa era venuta a perturbare l’immobilismo imperante tra gli anni ’70 e la prima parte di nuovo millennio: le discoteche.

Lo spiega benissimo un lungometraggio uscito carsicamente nelle sale un paio d’anni fa, Disco Ruin, efficace e chirurgico nel descrivere ascesa e caduta del modello italiano di discoteca. Un modello che è stato assolutamente innovativo, pieno di stile, rivoluzionario rispetto al resto d’Europa, in grado di interconnettere cultura alta e cultura bassa come nient’altro in quegli anni; e un modello in grado di farsi anche, al tempo stesso, movimento popolare, appunto discorso pubblico (tanto da finire addirittura argomento di un libro scritto da un Ministro della Repubblica, il famigerato Dove andiamo a ballare questa sera?, anno 1988, firmato da Gianni De Michelis). 

Lunedì sera, la discoteca
Martedì sera, la discoteca
Mercoledì che mal di testa, ma sono andata alla discoteca
Giovedì sera, la discoteca
Venerdì sera non volevo andarci, ma Fabio è venuto a cercarmi e allora
Sono andata, alla discoteca
Sabato sera, la discoteca
Domenica alla discotecaExchpoptrue, “La discoteca”, 2003

Le discoteche già dagli anni ’70 e poi progressivamente nei due decenni successivi hanno creato nuovi stili di fruizione culturale, nuovi eroi e aperto nuove prospettive come niente e nessun’altro; hanno insomma fatto davvero capire che, come dire?, un’alternativa allo stare a casa e al vedere sempre le solite cose in tivvù decise da Mamma Rai o cucinate da Mediaset era possibile. E, anzi, forse era proprio necessaria, se si voleva stare al passo coi tempi, al passo con le cose più interessanti che succedevano in Europa e nel mondo. Lo hanno fatto, le discoteche, e lo hanno fatto in maniera diffusissima. Le discoteche erano diventate un rito di passaggio generazionalesemplicemente necessario: la domenica pomeriggio per gli adolescenti, gli altri giorni della settimana per chi aveva dai vent’anni in sù.

Le discoteche oggi

Cosa è rimasto di tutto questo? Poco. Molto poco. Ma soprattutto, è rimasto – doloroso paradosso – il fatto che le discoteche sono diventate le prime vittime di ciò che ai loro tempi avevano combattuto e scardinato: ovvero l’immobilismo, la conservazione, la stasi, il conformismo. Le discoteche avevano fatto fuori le balere e i dancing in un modo ben preciso: rinnovando profondamente il linguaggio etico ed estetico dei tempi, guardando anche all’estero più avanguardista, coraggioso, irregolare. Su questo hanno campato per anni, a partire dagli anni ’70, e grazie a questo sono diventate via via centrali nel nostro immaginario, perché troppo forte, troppo bello, troppo contemporaneo e seducente era quello che offrivano. Ma oggi le discoteche cosa stanno rinnovando? Quanto sono disruptive? Quanto sono concorrenziali nel mercato del mistero e della seduzione? La risposta è semplice: zero. 

discoteche

È vero che oggi c’è internet. Ci sono Netflix, o Prime, o Disney Plus, e pure DAZN. È vero che un tempo quasi l’unico modo per cercare un partner affine per la vita o per la sera era uscire ed andare a ballare, mentre oggi puoi fare tutto comodamente da casa e da smartphone. È anche vero che le grandi forze economiche e dell’industria culturale ci hanno convinto che andare settimanalmente in un club con qualche centinaia o un migliaio di spiriti affini è noioso mentre l’esperienza vera sono i grandi festival e i grandi concerti (eh: è da questi ultimi che puoi estrarre molto più valore e guadagni). Tutto questo è vero. Ma vedere come in Italia le discoteche hanno ucciso sé stesse, o meglio, la parte migliore di sé, resta triste. E non se ne sta parlando abbastanza. 

Foto: Pinterest