Qualcuno di voi li conoscerà per “Buccia di banana” il programma di makeover andato in onda su La7. Loro sono i Murr, una coppia di consulenti di moda e stylist nel lavoro e nella vita. Oggi si raccontano come genitori del figlio Mario. La generazione Z vista da un’altra prospettiva: quella dei genitori.
Da genitori come vedete la Gen Z?
Antonio: Io la vedo come la generazione del cambiamento. La nostra generazione aveva avuto la possibilità di fare tante cose meravigliose, poi si è un po’ persa. Spero che la gen z non si perda e che riesca a cambiare le cose.
Roberta: Io la vedo come una generazione molto consapevole. Ha ben chiaro quello che deve e non deve fare soprattutto circa le tematiche ambientali.
Antonio: Mi viene da dire che è la prima generazione veramente in grado di ribellarsi a quello che è sempre stato il sistema. Una generazione che non scende a compromessi e questa è una cosa meravigliosa.
Che differenze vedete rispetto alla vostra generazione?
Antonio: La gen Z è molto meno condizionata rispetto a noi. Ha sempre avuto libero accesso al sapere, è tutto a portata di click e questo dà la possibilità di essere sempre aggiornati.
Questo essere “tutto a portata di click” spesso è vissuto in maniera negativa, voi cosa ne pensate?
Antonio: Assolutamente no! Io non tornerei mai indietro!
Roberta: Nemmeno io!
Antonio: Se penso a tutto quello che abbiamo passato noi, ma viva la digitalizzazione, viva la democratizzazione delle informazioni. È un percorso naturale frutto anche delle nostre lotte. Quindi assolutamente pro a tutto quello che è digitale. Guardarsi indietro è inutile.
Roberta: La tecnologia va abbracciata non combattuta.
Una certa “lotta” alla tecnologia è un tema abbastanza ricorrente, invece, nel rapporto tra genitori e figli…
Antonio: Si combatte quello che non si conosce. Come ogni cosa anche la tecnologia va studiata e capita. Noi non siamo nati digitali, ma lo siamo diventati. La tecnologia è un grande privilegio, non dimentichiamolo mai.
Quali sono le difficoltà più grandi per i genitori con un figlio Gen Z?
Roberta: Nostro figlio Mario si è appena maturato. Fin da piccolo è sempre stato con noi, ci ha seguito nel lavoro vivendo nel mondo degli adulti. Con l’arrivo dell’adolescenza ci siamo trovati un figlio che ci sembrava di non conoscere. Non è stato facile, ma abbiamo capito che più la famiglia è unita più il figlio deve lottare per smarcarsi e trovare la propria identità. Mettici anche la pandemia e due genitori ingombranti come noi, insomma, non è stato facile. Dall’averlo in casa 24h su 24 ci siamo dovuti abituare, tutto d’un tratto, alla sua voglia di libertà.
Antonio: Essere genitori è senza dubbio il mestiere più difficile del mondo. Devi entrare nell’ottica che i figli non sono tuoi, sono in prestito. Tu devi dare a tuo figlio gli strumenti per affrontare da solo la vita. D’altro canto è il figlio che ti insegna ad essere genitore. La cosa più difficile è il momento in cui devi accettare di lasciarlo andare perché lui ne ha bisogno, ma tu sei sempre stato abituato a tenerlo al guinzaglio.
Cosa ritenente fondamentale nel rapporto genitori digli?
Roberta: Senza dubbio la comunicazione. Abbiamo lavorato molto con Mario su questo aspetto e mi sento di dire che ci siamo riusciti. Abbiamo un rapporto aperto e lui sa che può dirci tutto e che, soprattutto, non lo giudichiamo. So che, sfortunatamente, è una situazione molto singolare. Nella maggior parte delle famiglie manca il dialogo. Tanti genitori pretendono di avere risposte dai loro figli adolescenti anche se, quando erano bambini, loro stessi non hanno risposto alle loro domande, magari stupide o impertinenti, ma pur sempre domande. La comunicazione non può nascere quando i ragazzi sono adolescenti. È un percorso lungo che bisogna costruire piano piano.
In effetti se manca la comunicazione manca il rapporto…
Roberta: Esattamente. I genitori spesso si dimenticano di essere stati adolescenti. Se ci si mettesse più dalla parte dei figli si risolverebbero tanti problemi e si capirebbero molte più cose.
Cosa ne pensate della definizione di genitori come amici?
Roberta: I genitori sono i genitori, gli amici sono gli amici. Un rapporto aperto non significa non avere ruoli. Se i genitori diventano amici, allora viene meno il rispetto e diventa un problema.
Antonio: Un genitore deve insegnare le regole, non imporle. Se diventi amico di tuo figlio viene a mancare questo step. Noi dobbiamo essere dei punti di riferimento per i nostri figli.
Come ha influito il vostro lavoro nella vostra esperienza da genitori?
Antonio: Noi questo lavoro ce lo siamo scelti, è il nostro pane quotidiano, il nostro respiro. Quando Mario è nato abbiamo deciso di darci un freno. Non è stato un periodo facilissimo, Roberta è andata in depressione post partum. E poi i figli non nascono con il libretto di istruzioni, ma chi li ha già avuti vuole importi il proprio. Allora abbiamo deciso di andare a Los Angeles dove abbiamo lavorato nella moda. Dovevamo stare un mese, siamo stati 6 anni. Mario è sempre stato con noi, lo portavamo ovunque, ha vissuto il nostro mondo.
Roberta: Non per nulla ora di moda non ne vuole più sapere. Ha deciso proprio di andare nella direzione opposta dove noi non sappiamo nulla. Vuole lavorare nel calcio come procuratore sportivo. Non ti nego che all’inizio è stato un lutto. Poi abbiamo capito, invece, che qualcosa a Mario l’abbiamo insegnata: la determinazione.
Antonio: E poi gli abbiamo insegnato a seguire il cuore, a seguire i suoi sogni.
Il vostro lavoro è basato sull’immagine, qual’è il rapporto di Mario con la sua?
Roberta: Penso che Mario sia stato uno dei bambini più fotografati. Era su tutte le riviste, aveva una pagina social seguitissima e faceva un sacco di collab. Poi è andato in tilt, non ne vuole più sapere di foto o altro. La privacy è fondamentale per lui. Probabilmente l’abbiamo traumatizzato.
Voi speravate in una carriera nel vostro campo per Mario?
Antonio: Assolutamente sì. Pensavamo nutrisse la nostra stessa passione. Anche perchè essendo sempre con noi era molto preparato. Mi ricordo che una volta l’insegnante di italiano portò a scuola dei tessuti per mostrarli ai bambini. Mario, solo al tatto, le sapeva dire tutto. L’insegnante rimase scioccata. Ci siamo sbagliati, ma va bene così. È stata una scoperta e ora siamo contenti.
Cosa vorreste dire alla generazione z?
Antonio: Continuate a seguire il cuore. Ragionate con la vostra testa e lottate per cambiare le cose. Siete la generazione della svolta. Noi crediamo in voi, siamo i vostri primi fan!
Roberta: Voi potete cambiare le cose, noi dobbiamo aiutarvi. Siamo il vostro supporto. Peccato che siamo in pochi a pensarla così. I nostri coetanei hanno smesso di sognare. Forse non l’hanno mai fatto.