Moda, polizia e altre storie

da | STYLE

La FW24-25 di Hermes porta in passerella, a new York, raffinate poliziotte. Si parla spesso di fashion police, ma ne è mai esistita una?

La passerella di Hermes, a New York, ha riportato in auge il famoso cappello Baker boy, molto simile a quello delle uniformi della polizia. In realtà il cappello Baker boy, proprio come dice il nome, dovrebbe ricordare quello portato dai panettieri. Nel concreto però, soprattutto le sue declinazioni nere, magari anche in pelle, riportano la mente al mondo delle uniformi poliziesche.

Il legame tra moda e uniforme è più che mai stretto. Tanti sono i casi in cui sulle passerelle questo connubio si è visto, così come nei film. Pensate che moltissimi dei capi che oggi diamo per certi come must del nostro armadio li abbiamo ereditati dalle uniformi militari. Dal trench agli Montgomery, dai bomber alle giacche doppiopetto. Le stesse uniformi sono state spesso disegnate da grandi nomi della moda. Giorgio Armani, per esempio, nel 1998, disegnò le uniformi per l’arma dei carabinieri.

Dal 2000 sulle passerelle si vedono rivisitazioni glamour delle divise della polizia. Ne è un esempio lampante la famosissima couture del 2000 di Dior firmata Dale genio maledetto: Galliano. Nello show “Freud e il feticismo” tra una sposa, un vescovo e una suora sfilano anche delle rinnovate uniforme poliziesche. Cappotti destrutturati e completi da poliziotta che diventano glamour e carichi di erotismo costruiscono il look dell’arma fashion del Dior firmato Galliano. Sarà Thom Browne, poi, per la ss2014 maschile a proporre un’intera linea in divisa. I poliziotti diventano genderless ed estremamente fashion in una collezione che alterna camice scivolate e rigido vinile. Approccio meno fantasioso e più lifestyle quello dell’ultimo defile firmato Hermes, sfilano, in passerella, donne sexy e confident che riportano il trend del cappello Baker boy.

E fino a qui si è parlato di connessioni, ispirazioni formali e collaborazioni tra designer e istituzioni, tutto sul puro piano estetico. Ma è mai esistita una fashion police al di là del talk show americano del 2010?

La polizia della moda esiste

Non è il caso dell’occidente, ma in oriente la moda è stata regolamentata dalla polizia. Un po’ come nel medioevo, in Europa, c’erano le leggi suntuarie, che regolavano il lusso, in Corea del Sud, negli anni ’70 del ‘900la polizia controllava la lunghezza delle gonne. Era il tempo in cui le minigonne iniziavano a diffondersi, ma a qualcuno non andava a genio. La polizia coreana, infatti, sotto la direzione di Pak Chung Hee misurava la lunghezza delle gonne femminili e dei capelli maschili. Se i centimetri erano troppo si incorreva in multe salatissime. Tutto ciò fin con l’arrivo degli anni ’80, ma in Corea del Nord ancora oggi succede qualcosa di simile.

Il dittatore Kim Jong-Un nella sua follia da statista prevede una dettagliata lista di cosa si può e non si può indossare riferita, in particolare, alle donne. Per diffondere queste informazioni il dittatore si serve di una pubblicazione moda. Una rivista femminile titolata Coseno Ryusung che “consiglia” alle donne l’abbigliamento adatto allo stile di vita socialista. Austero, rigoroso e modesto e il modello di gusto è la vigilasse urbana.

Le vigilasse dell’Unità delle donne si mettono agli incroci e fermato con dei fischietti le donne vestite in maniera “non consona”. Sembra arcaico e terrificante, in realtà tutti ciò succede nel 2024, nello stesso mondo in cui, come dice Giorgio Armani: “una matta gira in mutande a Milano”. Beh meglio una matta in mutande che una poliziotta che controlla il trucco invece della patente.

Foto: Pinterest/Instagram/Vanity Fair

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