Cosa c’è dietro alla comicità?

da | CULTURE

Siete sicuri di sapere davvero cos’è la comicità e, soprattutto, in cosa consiste il mestiere del comico oggi?

Tutti abbiamo quell’amico che fa battute dalla mattina alla sera e a cui diciamo “Dovresti fare il comico”. Questo perché in Italia non c’è un’ampia cultura e conoscenza del mestiere del comico. 

C’è chi pensa che basti saper dire una barzelletta per essere dei comici. In realtà dietro ad un pezzo comico c’è tantissimo lavoro. Innanzitutto, bisogna avere cultura per saper parlare di qualsivoglia argomento; è necessario conoscere i film, la storia, i libri, per poter citare, per saper trovare le giuste parole. Ma la cosa più importante è saper raccontare: che non è una cosa da tutti.

Spesso non è il cosa si dice, ma il come lo si dice. Una stessa frase detta da una persona, può risultare completamente diversa se raccontata da un’altra. I pezzi comici sono come dei vestiti creati su misura per colui che li deve narrare. Un vestito di alta moda creato appositamente per Johnny Depp e quindi adatto al suo stile, indossato da Tom Cruise farebbe totalmente un altro effetto. Questa è la comicità.

Come si fa a fare ridere?

Molti pensano che sia facile far ridere gli altri, ma quando si trovano loro stessi a doverlo fare davanti ad un pubblico, si rendono conto che non è proprio un lavoro per tutti…

Entriamo nel merito degli Open Mic. Letteralmente “microfono aperto”, si tratta di serate in cui, all’interno di bar, locali o teatri, si alternano aspiranti comedian, determinati a dimostrare il proprio talento. Oggi, gli Open Mic, sono molto di tendenza, tanto che i partecipanti vanno dai quindici fino agli ottanta anni, sia uomini che donne, ma soprattuto persone che non hanno mai provato ad esibirsi neanche davanti ai loro amici o familiari. 

C’è poi un’altra questione: quando non fai ridere. Il, cosiddetto, “gelo del pubblico“ è una delle cose peggiori che si possa sperimentare in questo ambito. Avviene quando, il monologhista è sicuro che la sua battuta sia divertente, ma in realtà nessuno ride. Ecco, i professionisti sanno ben gestire questi momenti con l’aiuto di ulteriori battute, quali “Ah, pensavo fosse divertente”, oppure “Okay, questa la tagliamo” o altre cose di questo genere. Al contrario, un giovane alle prime armi potrebbe prenderla male e farsi influenzare nelle performance successive.

Durate gli Open Mic, se siete abbastanza bravi e fortunati, potreste essere notati da persone del settore. E qui entra in gioco la figura dell’autore.

Ma il comico scrive le battute per se stesso?

Una cosa che spesso viene ignorata è che dietro ad un pezzo comico, non c’è solo il comico che scrive e racconta, ma c’è l’autore. Potresti pensare che anche gli autori debbano per forza saper fare ridere, ma non è così, quello spetta a colui che racconta. L’autore da’ una mano al monologhista nella giusta scrittura del pezzo: come sostituire quella o quell’altra parola per rendere un passaggio più accattivante, trovare il tema per un nuovo spettacolo, collegare un determinato argomento a quello successivo, e tanto altro. Perciò non crediate sia tutto merito di colui che vedete sul palco; il dietro le quinte è un mondo che non potete neanche immaginare.

La comicità ieri e oggi: la Stand-up comedy

La comicità italiana ha una storia tutta sua. Il nostro è un paese ricco di talenti e personaggi molto noti anche all’estero, che hanno creato e coltivato l’arte della commedia.

Se prendiamo i più famosi, coloro che hanno fatto carriera, notiamo come spesso interpretavano personaggi in costume, erano maghi o performer. In passato era raro trovare qualcuno che mostrasse solo se stesso e raccontasse qualcosa al pubblico. 

Mentre in ambito statunitense e anglosassone è nato un altro modo di fare comicità. Parliamo della stand-up comedy, arrivata in Italia solo a metà anni Novanta.

Si svolge con un unico protagonista sul palco, il comedian, il quale, senza alcun oggetto, né maschera, si rivolge direttamente al pubblico, affrontando solitamente temi di attualità o di politica. Si tratta di un monologo composto da battute secche e spesso crude. In questo tipo di comicità la quarta parete che divide il palcoscenico dal pubblico è inesistente. 

Un pubblico differenziato

Un’altra sostanziale differenza si ritrova nei fruitori. Una netta distinzione si cela fra i giovani adulti e i fruitori più maturi. Questi ultimi, nella maggioranza dei casi, a parte alcune eccezioni, tendono ad andare a vedere solo chi già conosce o i, cosiddetti, “big”. Al contrario, i giovani sperimentano. La generazione Z è attratta da ciò che non conosce, è curiosa. Anche se non conosce gli attori o i comici, è entusiasta di provare qualcosa di nuovo; gli basta una copertina ammaliante e una sinossi dello show accattivante che è subito presente.

Per questo crediamo che anche un’arte come quella della comicità possa avere un futuro in un mondo in cui ridere è sempre più difficile.

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