Intervista a Luca Gallazzi: dalla cattedra al gruppo Max Mara

da | FASHION

Luca Gallazzi, responsabile del controllo qualità delle materie prime all’interno del gruppo Max Mara, ci accompagna tra i processi che fanno del Made in Italy una garanzia per la moda da più di mezzo secolo.

Tempo fa, in occasione di un incontro scolastico, ebbi l’opportunità di scambiare quattro chiacchiere con Luca Gallazzi. Una delle tante persone, dei tanti professionisti e addetti ai lavori, che tengono alta la fama del Made in Italy. Responsabile del controllo qualità delle materie prime in IMAX (divisione jersey del gruppo Max Mara) dal 2019, colsi l’occasione per chiedere a Luca di raccontarmi del suo ruolo all’interno del Gruppo e del suo percorso per arrivare a lavorare per uno dei Brand più iconici e longevi del Made in Italy.

Come ci si sente a far parte di un gruppo come Max Mara, presente sul mercato da più di settant’anni?

Sicuramente c’è una forte identità, ricordiamoci che Max Mara è ancora a gestione familiare.

È un tipo di calore molto presente: aiuta e fa sì che anche l’ambiente lavorativo ne giovi. In qualsiasi momento e in qualsiasi campo, si ha sempre una figura di riferimento.

Lei è passato degli studi di biologia al campo tessile della maglieria. Come mai è avvenuto questo cambio?

Perché capita nella vita di dover fare delle scelte. 

Da sempre ho la passione per l’insegnamento, per la conoscenza di tutto quanto mi circonda per poter poi condividere quanto imparato con gli altri. Durante il mio percorso di studi, culminati con la laurea in biologia, mi è capitata l’opportunità di fare il supplente in un Itis ad indirizzo tessile.

Un mio vecchio insegnante delle superiori, ricordandosi delle mie ambizioni e di quanto quel mondo mi affascinasse, mi contattò per chiedermi se me la sentissi di seguire un triennio. Solo qualche anno prima ero tra quei banchi e mi chiedevano se mi facesse piacere sedere dietro una cattedra. Avevo solo 23 anni, entusiasta accettai subito anche se il terrore di insegnare a dei quasi coetanei non mi ha fatto dormire per una settimana. Non ero neanche ancora laureato…

Cosa è successo dopo?

Quella è stata un’esperienza importante: mi ha ricordato di quanto il mondo del tessile e dell’abbigliamento mi affascinassero e ha fatto sì che mi parlassero opportunità lavorative che stimolassero la mia infinita voglia di apprendere e conoscere.

In quegli anni ho lavorato in un laboratorio di analisi tessili e in diverse aziende del settore ma ho anche continuato ad insegnare. Ho avuto l’opportunità di continuare a tenere lezioni in aziende o associazioni in giro per l’Italia. Per dieci anni, all’inizio degli anni 2000, sono anche stato docente di ingegneria tessile presso l’Università degli Studi di Bergamo.

Si è sempre occupato solo ed esclusivamente del controllo delle materie prime della maglieria?

No. Durante questi anni ho effettuato il controllo di filati, di accessori e di pellicce, sia in fase di campionario e di prototipia, che di produzione. Ho seguito anche la gestione delle etichettature dei capi, delle normative e tutto ciò che riguarda il processo produttivo sia della maglieria sia di capi tecnici o con performance tecniche. 

Quali sono i criteri per capire se un tessuto è adatto a certi tipi di lavorazione? Durante il controllo dei tessuti vengono usate delle macchine specifiche?

I criteri sono dati dal prodotto che si vuole realizzare. Non c’è una logica sempre uguale per tutti i tessuti e le materie prime.  Il controllo viene eseguito sia da macchine di laboratorio, per analisi quantitative e qualitative, sia da persone formate che vanno a controllare e a segnalare tutto ciò che si discosta dal tessuto e dalla referenza di campionario. Dopodiché si fa un sunto e si vanno a guardare le le performance e la qualità. Così valutiamo se il tessuto preso in causa è pronto per il lancio in produzione o se è da aggiustare.

Una volta controllati i materiali e le materie prime, qual è il processo che viene eseguito in seguito al controllo?

Solitamente, dopo l’ok del controllo qualità materie prime, la merce è disponibile al lancio della produzione, la quale ha già dei programmi e quindi lancia tutte le materie prime che compongono il capo. Non solo il tessuto ma anche tutto l’accessoriato: il filo da cucire e il packaging. Dopodiché viene spedito al confezionista del caso e, una volta realizzati tutti i capi, c’è il rientro di questi ultimi per far sì che vengano sottoposti ad un ultimo check.

Cosa può dirci del suo lavoro da un punto di vista meno tecnico?

Negli ultimi anni ho avuto la fortuna di lavorare per dei grandi brand: prima Moncler e da qualche anno sono addetto al controllo delle materie prime presso IMAX, gruppo Max Mara. Per me questa è una grande responsabilità ma anche un immenso privilegio.
È difficile spiegare a parole la soddisfazione che si prova assistendo a processi creativi e produttivi del genere. Quelle che inizialmente sono solo idee si trasformano in dei capi meravigliosi che incontri per le strade o vedi in televisione indossati da delle celebrità. 

Il mondo in cui lavoro è in continua evoluzione e questo è una molla gigantesca che ti spinge sempre ad imparare, sperimentare. Capita di sbagliare purtroppo, ma anche questo fa crescere in vista del futuro. Ogni giorno è un’incognita: per uno  assetato di conoscenza come me e che ama le sfide, è meraviglioso.

Cosa caratterizza e cosa ci può dire di IMAX, gruppo Max Mara?

In questi anni, soprattutto legato a IMAX e quindi nella divisione jersey, abbiamo visto un incremento di lavoro post pandemia, legato probabilmente al fatto che il jersey permetta un certo confort e comodità. Per stare al passo coi tempi in IMAX abbiamo alzato la qualità, sia dei capi che realizziamo, sia delle materie prime. Questo ci ha permesso di realizzare capi di prima linea con performance molto interessanti e sembra che il pubblico abbia gradito.

Poi il lusso, come si sa, grossi problemi non ne ha avuti, in tutte le fasi storiche in cui ci sono state delle crisi il lusso ha sempre trainato. Facendo quindi un prodotto di alta gamma, ci è stato permesso di continuare a lavorare anche in momenti così difficili. 

Un’ultima curiosità: come si sente nei confronti delle nuove generazioni? Le manca insegnare? 

Se riesco a condividere quanto conosco o imparo da tecnici, imprenditori, venditori, creativi con chi si affaccia a questo mondo, mi sento gratificato al massimo. Come puoi vedere, sono sempre lo stesso ragazzo di 23 anni ma con un po’ di esperienza in più. 

Penso che occorra non disperdere le conoscenze ma, se si vuole che il sistema in Italia continui a funzionare, bisogna fare squadra.