I 3 font preferiti dai designer

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Tipologia del font, dimensione, stile dei caratteri e layout complessivo, influiscono sulla percezione del testo e sintetizzano visivamente l’intera estetica e l’identità di un brand. 

I caratteri tipografici costruiscono l’atmosfera emotiva che ci circonda. Trasmettono sensazioni, esprimono stati d’animo e danno alle parole precise colorazioni.

Il logo di un marchio è come una firma visiva, ne rappresenta l’essenza in modo conciso e riconoscibile. Ogni dettaglio del suo design, compresa la font utilizzata per il nome, ha un impatto significativo sull’immagine e sulla percezione del brand da parte del pubblico.

Un carattere rotondo e morbido può suggerire gentilezza e calore, mentre uno spigoloso e angolare può evocare tensione o rigidità.  Un carattere elegante può dare un tocco di raffinatezza, mentre uno audace può trasmettere un senso di forza o enfasi.

Anche la più piccola variazione tipografica può compromettere l’identità consolidata del marchio e la sua posizione nel mercato. Pertanto ogni modifica deve essere attentamente valutata, per potenziare l’immagine e il riconoscimento del brand senza comprometterne l’essenza.

Che font è? Boh, forse è l’Helvetica!

Gary Hustwit, autore del film “HELVETICA” basa la sua trama sulla teoria secondo cui per le strade l’Helvetica fosse come l’ossigeno, quindi non si può fare a meno di respirarlo e di vederlo.

“Most people who use Helvetica use it because it’s ubiquitous. It’s like going to McDonalds instead of thinking about food. Because its there, it’s on every street corner. So let’s eat crap, because it’s on the corner.” Molte persone utilizzano questo font senza pensarci troppo o considerare altre opzioni, semplicemente perché è il font più comune e facilmente accessibile. Allo stesso modo si sceglie di mangiare cibo di bassa qualità solo perché è facilmente reperibile e presente ovunque.

Il carattere Helvetica, ideato nel 1957 dal designer svizzero Max Miedinger e da Eduard Hoffmann, è apprezzato per la sua semplicità e chiarezza. Grazie al suo design “sans-serif” (senza grazie) e alla forma pulita, è adatto a un’ampia varietà di utilizzi, dal branding alla segnaletica stradale.

Nonostante la sua natura “neutra” possa sembrare poco distintiva, è proprio questa capacità di adattarsi a contesti, settori e messaggi diversi che ha contribuito al suo successo.

Nel corso dei decenni sono numerosi i brand che hanno scelto il font per i propri loghi e la loro comunicazione: American Airlines, Lufthansa, Jeep, BMW, Knoll… La metropoli di New York l’ha adottato per le sue mappe, per la segnaletica e i trasporti pubblici.    

Con Off-White le parole appaiono dove non erano mai state presenti prima. Nella collaborazione con Nike per la collezione “Ten Ten” e non solo, il font Helvetica diventa il benchmark dell’immaginario di Abloh, e il protagonista di una comunicazione diretta, oggettiva, clean, trasversale, in grado di attrarre un pubblico variegato. 

Prima del successo del designer, il fashion system si era già accorto delle potenzialità comunicative del font. In Burberry, Balmain, Celine, Diane Von Furstenberg, The North Face, Fendi… nasce l’esigenza di rendere il logo rappresentativo più immediato, facile da ricordare, e trasformandolo quindi in qualcosa di molto simile a quelli già in circolazione. È facile intuire quindi come Helvetica sia il comune denominatore di brand molto differenti, ognuno simbolo di un’estetica e di un immaginario diversi, tanto nel mondo streetwear quanto in quello del lusso. 

Paradossalmente il font che più di tutti non ha particolari segni distintivi è quello scelto per distinguersi. La popolarità raggiunta da Helvetica ha generato un’omologazione di loghi e branding che non rispecchia la pluralità delle voci della moda. La tendenza è quella di semplificare, eliminare qualsiasi ornamento superfluo, per riuscire a parlare nel migliore e più immediato modo possibile con il consumatore.

Bodoni per Armani e Lady Gaga

Bodoni è eredità di eleganza e nitidezza senza tempo. Nato alla fine del XVIII grazie al celebre tipografo italiano Giambattista Bodoni, è diventato uno dei capolavori della tipografia moderna.

Si distinuge per le sue linee sottili, un contrasto deciso tra tratti spessi e sottili e seriffi squadrati. Il font eccelle per la sua bellezza e leggibilità, specialmente in dimensioni più ampie. Tuttavia, nonostante la sua popolarità e ammirazione, alcuni designer ritengono che il suo alto contrasto (tra grazie sottili dritte e aste verticali spessissime) e le forme squadrate possano renderlo meno leggibile in dimensioni ridotte o su schermi digitali, suscitando così dibattiti sulla sua adattabilità moderna e autenticità.

Il font incarna le quattro virtù fondamentali definite da Bodoni stesso per un alfabeto: regolarità, bellezza, nitidezza e buon gusto. Ancora oggi, è un simbolo per la città di Parma e uno dei caratteri più utilizzati nell’editoria. Tra i tanti impieghi del Bodoni, o di sue strette derivazioni, è diventato un’icona per numerosi marchi di moda: Valentino, Vogue, Armani, Dior, Calvin Klein, Elle. Non solo nel mondo del fashion, ma anche nell’ambito musicale, ha trovato il favore di artisti quali Bruce Springsteen, Nirvana e Lady Gaga che lo hanno utilizzato per le loro identità visive.

font bodoni

Tra gli ultimi celebri utilizzi del font vi è l’identità di Zara. La rinomata casa di abbigliamento spagnola, ha scelto questo carattere per dare un nuovo impulso alla propria presenza globale. Questo dimostra che nonostante i suoi oltre 200 anni di storia, il Bodoni rimane una scelta sempre attuale e rilevante nel mondo del design e della comunicazione visiva.

font bodoni

La FUTURA-MANIA di SUPREME

1927, Germania, Paul Renner inventa il carattere Futura che diventerà un’icona della tipografia moderna e del design.

La sua genesi risiede nell’estetica del costruttivismo sovietico e della Bauhaus, e si distingue per la sua rigorosa impostazione geometrica basata sulle tre forme geometriche essenziali: il cerchio, il quadrato e il triangolo.

Trova spazio non solo nelle pagine della storia ma anche sulla plancia dell’Apollo 11 e nei film di Kubrick. L’artista Barbara Kruger ha contribuito a rendere il Futura ancora più riconoscibile, adottandone una versione bold e in corsivo per le sue opere sovversive, che hanno segnato l’epoca della scena artistica di New York. Fu poi preso in prestito da James Jebbia per il suo brand SUPREME, che con l’artista statunitense condivideva lo sguardo irriverente verso la cultura dominante. Questa “Futura-mania” vota la semplicità e l’industrializzazione, trasmettendo un senso di ordine e modernità. 

Il Futura ha trovato posto in una vasta gamma di applicazioni: dalla RAI al sistema ferroviario italiano, dai loghi di grandi marchi come Nike, Dolce&Gabbana e Louis Vuitton alle locandine di film come “V per Vendetta” e “American Beauty”. 

Foto: Nss Mag, Cba Design.

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