Simbolo per antonomasia della moda maschile dopo la grande rinuncia, la cravatta ha attraversato anni di storia ed innumerevoli giochi di potere. Chiave di dominio e autorità è l’accessorio che, più di tutti, comunica forza.
Un po’ di storia
Le prime tracce di cravatta nella storia sono legate ai mecenari croati che portavano un fazzoletto legato al collo per proteggersi durante la Guerra dei Trent’anni. Ma è al cospetto di Re Sole che diventa accessorio di moda. Tra il 1700 e il 1800, periodo della grande rinuncia maschile, la cravatta è stata il simbolo del cambiamento dell’abbigliamento da uomo. Alla corte di Francia, quando a Versailles regnava Luigi XIV, si portava lo jabot. Ornamento, tendenzialmente in pizzo, cucito o applicato al collo della camicia. Una sorta di antenato della cravatta. Lo jabot segue il corso di tutta la moda maschile a cavallo tra i due secoli. Si assottiglia, diventa più essenziale e meno vezzoso trasformandosi nella moderna cravatta.
Nell’800 sarà simbolo della supremazia maschile. In epoca vittoriana l’uomo potente portava la cravatta diventata fulcro dell’abbigliamento formale. Ancora oggi le cose non sono molto cambiate. Se un uomo deve vestirsi per un occasione particolarmente formale la cravatta non può assolutamente mancare. Molto più che un accessorio, in quanto capo di esclusiva maschile. La cravatta è la traduzione in moda dell’egemonia macista nella società. Non per nulla nel ‘900 sono state molte le donne a tentare di fare proprio l’accessorio. A cercare di strappare la cravatta dall’esclusiva maschile furono, prime fra tutte, le flapper girl. Tra gli anni ’20 e ’30 del ‘900 si sviluppa, infatti, l’immagine della garconne. Donne particolarmente emancipate che sfidano il pensiero comune vestendo panni tipicamente maschili. Prima tra tutte l’attrice Marlene Dietrich che portava con estrema sensualità tailleur da uomo. E’ lei ad aver creato l’iconica immagine di donna a cui poi si ispirerà Giorgio Armani quando creerà la divisa per la donna che va al lavoro.
Il power dressing
Nonostante tutto sono rarissimi gli esempi in cui le donne riescono a strappare al guardaroba uomo la cravatta. L’accessorio è proprio simbolo dello status di potenza maschile. Tutti i grandi politici e potenti del mondo indossano la cravatta per simboleggiare la loro autorità. Ogni volta che un personaggio istituzionale fa un’apparizione pubblica la indossa. Nonostante le donne, negli anni, per affermarsi nella politica o sul lavoro abbiano utilizzato la tecnica del power dressing. Ovvero rubare capi dal guardaroba uomo per potersi muovere con più facilità in un mondo a loro ostico, la cravatta, comunque, non è entrata nel loro armadio. Così tutte le politiche della storia hanno indossato, e ancora indossano, giacche e completi, ma la cravatta rimane un’esclusiva dell’uomo. In una sorta di oscuro gioco di potere che non permette alla donna di prendersi tutto quello che è dell’uomo.
La cravatta 2.0 della Gen Z
Oggi sembra che qualcosa si stia muovendo. La cravatta sta diventando uno dei trend più accorati del momento. Un po’ grazie al vinatge che ha riportato alla luce cravatte in seta dalle fantasie più diverse. Un po’ anche grazie alle ultime uscite di sfilata. Prima tra tutte la F/W 23-24 di Valentino disegnata da Pierpaolo Piccioli. Uno show interamente dedicato alla cravatta che si sposta dal corpo maschile a quello femminile. E allora, via libera al trend. Qualcuno le porta, nella loro accezione più classica, annodata al collo della camicia. Altri le annodano a nudo o in maniere estremamente fantasiose. Le cravatte diventano anche la base di partenza per realizzare top e gonne personalizzati di cui Tik Tok è pieno.
Insomma la Gen Z non si è lasciata scappare nemmeno la cravatta. L’accessorio che, fino a qualche anno fa, era simbolo di un modo i vestire noioso e scontato torna ad essere cult per le nuove generazioni che ci giocano facendolo diventare quanto di più cool possa esserci.
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