Conosciamo Vivetta, per gli amici Vivi

da | NEW DESIGNERS

Nel 2009 debutta con il suo marchio indipendente: Vivetta, detta Vivi, è uno dei volti della nuova moda italiana. Allure vintage e ricami compongono le sue collezioni che, da qualche anno, riscuotono grande successo alla settimana della moda milanese.

Da dove viene il nome Vivetta che, prima di essere il nome del tuo brand, è il tuo nome proprio?

È una lunga storia! In realtà non dovevo chiamarmi Vivetta, ma Vivi che sarebbe il diminutivo di Paraskevi. Nome greco che significa Venerdì, perché mio papà è Greco. All’anagrafe italiana, però, non glielo hanno fatto registrare e allora mi hanno chiamato Vivetta che è comunque un diminutivo di Paraskevi. Per tutta la vita però sono rimasta Vivi, tutti mi chiamavano così. Fino a che non ho aperto il brand che ho dovuto chiamare Vivetta perché Vivi era già stato registrato.

Sei cresciuta immersa tra i capolavori dell’antiquariato con cui lavoravano i tuoi genitori. In che modo questo ha formato la tua estetica?

Il lavoro dell’antiquario richiede molto spirito di osservazione, capacità critica nell’uso della vista. Questo aspetto è molto importante anche nel lavoro del designer. Ho sempre avuto molta fame d’immagini, mio marito mi prende in giro dicendomi che compro i libri per le figure (in realtà li leggo anche!). Gli oggetti antichi, che hanno una storia, mi hanno sempre affascinato e tutt’oggi li riporto nelle mie creazioni, in particolare per quanto riguarda le stampe e i ricami.

C’è qualche oggetto d’antiquariato che ricordi con particolare affetto?

Tantissimi! In particolare ricordo un manichino che mi regalò mio padre. Era tutto in legno dipinto, molto colorato. Era singolare, nella parte della gonna aveva una fessura che serviva per mettere i materiali per la confezione dei capi. 

Insomma la moda è sempre stata parte di te

Senza dubbio, fin da piccola, ho sempre disegnato abiti. E poi, soprattutto, distruggevo abiti di ogni genere per ricavare pezzi di tessuto con cui tentare di realizzare i miei primi capi! Non so bene da dove sia nata questa mia passione, forse dai miei genitori che hanno sempre avuto molto gusto e una particolare attenzione alla moda.

Prima di aprire il tuo brand hai lavorato per diversi marchi del lusso. Tra questi ricordi spesso Roberto Cavalli che ti ha fatto apprezzare l’arte del ricamo. Cosa porti ancora con te di questa esperienza?

È stata un’esperienza fondamentale per il mio percorso. Non avendo fatto scuole di moda posso dire di aver imparato tutto lí.Ero entrata in azienda tramite uno stage e ho proprio appreso l’abc. Lavoravo sui ricami degli abiti, ho avuto la fortuna di essere in azienda quando Roberto Cavalli era Roberto Cavalli. Vestivamo chiunque e realizzavamo abiti molto particolari che mi hanno lasciato tanto.

Cosa ti ha spinto poi ad aprire una realtà indipendente?

Volevo maggiore libertà! Volevo qualcosa di mio! Lavorare in un’azienda significa essere condizionati da un’infinità di cose. Avevo bisogno di un progetto che valorizzasse al 100% la mia creatività. E allora ecco Vivetta!

Spesso parli di particolari e dettagli. Tra quelli più leziosi sono caratterizzanti le mani, quale è il significato di questo simbolo così presente nelle tue collezioni?

Pensa che è stato uno dei primi ricami che ho realizzato per Vivetta! In particolare era una collo mani che ho disegnato su un sacchetto di carta in aereo (un po’ tipo la Birkin di Hermes). Inizialmente doveva tenere un fiocco che poi non c’è mai stato. Nasce come un rimando all’arte surrealista che poi ho declinato in diverse varianti. È dove stato talmente caratterizzante che spesso quando mi presento mi dicono: “Ah Vivetta, quella dei colletti con le mani!”

A caratterizzare i tuoi abiti però, oltre le mani, c’è anche una certa allure che oscilla tra il vintage e il fanciullesco. Chi è la donna che veste Vivetta?

La donna che veste vivetta è colta e con grande personalità. Tra le mie muse contemporanee c’è Greta Bellamacina, per esempio, una poetessa che spesso veste Vivetta.Ma anche Giada Biaggi, insomma una donna un po’ fuori dal comune. Questa è la donna che mi piace vestire, ma Vivetta è di tutti. Mi piace l’idea che personalità diverse possano ritrovarsi nelle mie creazioni.

Qual è il valore aggiunto di un tuo abito? Cosa prova chi indossa Vivetta?

Mi ha fatto molto piacere scoprire, negli anni, che i miei abiti rallegrano le giornate. Spesso mi sento dire da chi acquista i miei capi che li indossa quando ha una giornata no per sentirsi meglio. 

La componente qualitativa nei tuoi capi è importantissima. In occasione della vittoria del premio Tao Moda 2016 hai dichiarato “un mio capo, fuori e dentro, deve essere bello allo stesso modo”. Quanto pensi sia importante la confezione nella buona riuscita di un capo?

Tantissimo. Non per nulla produciamo quasi al 100% in Italia, all’estero solo alcuni ricami a mano molto difficili da replicare nel nostro paese. Senza dubbio costa di più, ma la qualità del made in Italy è impagabile. Lavoriamo molto anche sul prezzo, nonostante i rincari, ci tengo che i miei capi siano venduti ad un prezzo giusto e coerente. 

La tua sfilata sta diventando, sempre più, un appuntamento irrinunciabile della settimana della moda milanese. Cosa si prova a rappresentare la nuova ondata di moda italiana?

Non è semplicissimo. Il lavoro del designer è bellissimo, ma non facile. Essere un brand indipendente in un mondo di grandi gruppi è sempre più difficile. La sfilata è importantissima, mi impegno molto per fare in modo che sia un momento indimenticabile. Sto cercando di renderla sempre più intima e raccolta, voglio andare in una direzione più familiare e meno formale.


Grazie