Cosa si nasconde dietro al riflesso di uno specchio?

da | CULTURE

Lo specchio non ci mostra un’immagine esattamente così come la vediamo, ma riflette ciò che chi guarda vuole vedere.

Il mito di Narciso racconta di un giovane che un giorno si innamora della sua stessa immagine riflessa in uno specchio d’acqua e cercando di raggiungerla, cade nel lago e muore.

Sempre al top

Prima del Covid gli italiani passavano 5/6 ore al giorno a guardarsi allo specchio, non era tanto, ma era comunque un numero considerevole, visto che ogni volta che ci riflettiamo vediamo sempre noi stessi più o meno spettinati o pettinati. Con il Covid siamo peggiorati, e anche di tanto. Le videochiamate, che fossero di scuola, lavoro o tra amici hanno fatto si che l’aspetto esteriore guadagnasse sempre più importanza. Per non parlare dei social, nei quali dovevamo postare stories e contenuti in cui la nostra immagine fosse sempre al top, nonostante fossimo 24/24h in pigiama, pantofole e soprattutto struccati. 

Nel libro Mi metto in vetrina, di Vanni Codeluppi, viene trattato il tema della condivisione dei selfie come un’abitudine che non ci toglieremo mai più: in sintesi un modo per parlare sempre di più di noi stessi, una tendenza che lui definisce “vetrinizzazione” della società.

La nostra immagine ha acquisito sempre maggiore importanza, che sia sui social o nella vita reale; non c’è una volta in cui non usciamo di casa senza guardarci come minimo due o tre volte: prima mentre ci vestiamo, poi mentre ci sistemiamo i capelli, e infine con la giacca e scarpe per dare un ultimo occhio all’outfit generale. 

La funzione dello specchio non è solo quella di essere usato per vedere che aspetto abbiamo in quel momento, ma di guardarci al fine di aggiustare anche un solo capello spostato un minimo dalla riga centrale. Quando ci specchiamo il nostro corpo non è mai fisso o in posizione statica, è sempre in movimento, intento a cogliere ogni imperfezione per cercare di migliorarla. 

Lo specchio come realtà alternativa

Nonostante lo specchio raffiguri esattamente ciò che ci si riflette, spesso vediamo un riflesso diverso dalla realtà, vediamo ciò che decidiamo di vedere e siamo condizionati in questo dalla società.

Nelle opere d’arte, fin dall’antichità, gli specchi non erano solo simbolo di vanità come possiamo pensare noi, con la concezione che ne abbiamo oggi, ma venivano introdotti nel dipinto come elementi esterni che mostrassero e rivelassero una realtà alternativa, una prospettiva diversa o dettagli nascosti. 

Il filosofo Michael Foucault conia il termine eterotopia per indicare gli spazi connessi a tutti gli altri spazi, che sospendono o invertono l’insieme dei rapporti che essi riflettono o rispecchiano. Luoghi in cui gli spazi comunicano tra di loro, come possono essere un cimitero o uno specchio. Lo specchio è uno spazio eterotopico in quanto spazio irreale che si apre dietro una superficie, ma che rappresenta un luogo reale, connesso a tutto lo spazio che lo circonda.

Tornando agli specchi della nostra società, anche i nostri smartphone sono specchi tramite cui ci interfacciamo con realtà ovunque nel mondo. Già nel 1963 con i Quadri Specchianti, Michelangelo Pistoletto crea, in qualche modo, una versione precedente ai computer e ai selfie, con un soggetto centrale e tutto ciò che lo circonda.

Lo specchio è ciò che meglio riflette la nostra società e rappresenta sempre ciò che chi guarda vuole vedere.

Immagini: Pinterest