Ad ognuno il suo: designer in divisa

da | CULTURE

Alla fine di ogni sfilata gli stilisti appaiono timidi (chi più chi meno) a prendersi gli applausi per la collezione e tutti sono pronti a giudicare anche il loro look. Tra chi decide di passare inosservato per far parlare il proprio lavoro e chi, al contrario, diventa parte attiva dello show.

Al limite tra esseri mitologici e divi gli stilisti (oggi meglio chiamarli designer) sono figure che, tendenzialmente, rimangono nell’ombra oscurati, spesso per volontà, dal proprio lavoro. Uno dei pochi momenti in cui si prendono il palco è infatti la fine della sfilata quando, dopo la canonica uscita di tutte le modelli in fila, c’è l’altrettanto iconica camminata dello stilista che ringrazia timidamente il pubblico mentre si prende gli applausi.

I volti dei designer sono infatti sempre meno noti, soprattutto ora che non coincidono praticamente mai con il nome delle maison per cui lavorano, e il loro nome, molto spesso senza volto, è associato solo al brand che dirigono o di cui detengono la proprietà. L’uscita finale dei fashion show è quindi uno dei pochi momenti (escluse le interviste) in cui è possibile comprendere qualcosa di più dei designer.

Tutti immaginano gli stilisti come eclettici creativi che sperimentano con il proprio look invece, molto più spesso, i loro outfit sono semplici e sottotono, ma non per questo da considerarsi insignificanti. La maggior parte di loro opta infatti per delle “divise”, più o meno elaborate che siano. Scegliere un look sempre uguale o simile è una strategia utile a creare un immaginario iconico e coerente nel tempo e, se semplice, lascia spazio alla collezione.

Quali sono queste divise?


Moltissimi sono i designer che scelgono il total blalck per presentarsi alla fine delle sfilate. Ne sono esempio Sabato De Sarno da Gucci o Pierpaolo Piccioli da Valentino che concede al rigoroso total black il vezzo delle sneakers bianche e dell’immancabile collana di corallo. Il blu è invece il colore di re Giorgio che, alternando t-shirt e maglioncini, ha costruito un immaginario iconico attorno al suo personaggio. E poi c’è chi decide di utilizzare una vera e propria divisa fatta di pezzi assolutamente personalizzati. JW Anderson, per citarne uno, indossa sempre jeans, un pullover e stivaletti Loewe. E poi come non nominare la signora della moda milanese, l’intramontabile Miuccia, che chiude le sfilate di Prada e Miu Miu indossando, quasi sempre, gonna al ginocchio e docollete.


Si sa che le regole, nella moda, spesso stanno strette; sono infatti sono altrettanti i designer che assecondano la propria vena creativa attingendo dalla collezione stessa per i propri look. Caposcuola di questo trend è, senza ombra di dubbio, l’enfant terrible: John Galliano che negli anni ha calcato le passerelle di Dior vestito da astronauta e da pirata (solo per dirne alcuni). Iconici anche i look di Donatella Versace che sceglie sempre dei pezzi della collezione presentata per prendersi gli applausi a fine sfilata. Sulla loro scia vestono anche Jeremy Scott, Marc Jacobs e Oliver Rousteing. Un’altra idea di divisa, meno standard, ma altrettanto funzionale e in linea con i personaggi.


Insomma che siano più o meno appariscenti i look degli stilisti non sono certo scelti a caso. Sono, infatti, loro stessi parte della costruzione della griffe e dell’immaginario che vi ruota attorno con la loro “divisa”.

Foto: Pinterest