Tanti sono i nomi che hanno fatto la storia della moda che ancora persistono oggi, altrettanti sono però i grandi che nel tempo sono stati dimenticati seppur abbiano scritto pagine indelebili nella storia del fashion system. Ecco 5 sleeping brand (o brand dormienti) che hanno fatto la stoia della moda.
Cos’è un brand dormiente?
Si definisce “sleeping brand” o “brand dormiente” un qualunque marchio che, dopo una straordinaria notorietà, abbia registrato un grande calo fino ad arrivare alla chiusura. Tra questi brand ci sono nomi che hanno fatto veramente grande la storia della moda e del “made in Italy” e spesso i grandi colossi del lusso tendono a rilanciarli. Ne sono esempio firme come quella di Fiorucci (riaperto a settembre 2023) o Maison Schiaparelli straordinariamente rilanciata da Diego della Valle nel 2012.
A scrivere pagine indimenticabili nel meraviglioso libro della storia del costume sono stati però anche brand che oggi il grande pubblico ignora. Chicche da appassionati di storia della moda che un tempo erano sulla bocca di tutti e che hanno avuto intuizioni indispensabili per l’avanzamento del sistema.
Ecco allora i 5 brand dormienti di moda da conoscere!
Paul Poiret
![Paul Poiret-brand dormiente](https://www.adlmag.it/wp-content/uploads/2024/01/A-young-woman-models-a-hat-and-fur-trimmed-coat-designed-by-Paul___.jpg)
![Paul Poiret](https://www.adlmag.it/wp-content/uploads/2024/01/download-53-732x1024.jpg)
Apre nel 1903 al numero 5 di Rue Auber a Parigi quello di Paul Poiret è stato uno dei più grandi brand del primo ‘900. Fu uno dei primi couturier a non costringere le donne con i propri abiti, piuttosto a liberarle. Le sue creazioni erano morbide e drappeggiate, orfane di strutture come corsetti e crinoline. Si ispira al mondo orientale e crea linee di abiti che definiranno lo stile della femme fatale della belle epoque parigina. Crea scandalo con la sua moda, ma continua, nel tempo, ad aumentare le sue clienti. Non solo un genio nel campo della creazione di moda Poiret fu anche un grandissimo innovatore in campo commerciale. Fu il primo ad ampliare le vetrine dei suoi negozi per attirare clientela, ad occuparsi di pubblicità sulla stampa e ad attuare quella che oggi chiameremmo “brand extention” (creando linee di profumi e complementi d’arredo). Utilizza indossatrici e organizza feste per promuovere le proprie linee. Il declino comincia dopo la prima guerra modniale quando Poiret venne chiamato per realizzare le divise dell’esercito. Alla fine del conflitto la moda era cambiata, era più pratica e semplice (si ero diffuso lo stile di Chanel) e maison Poiret non riuscì ad adattarsi. I suoi abiti vennero considerati démodé e la maison chiuse nel 1929.
Madeleine Vionnet
![Madeleine Vionnet](https://www.adlmag.it/wp-content/uploads/2024/01/Madeleine-Vionnet-1926-Douglas-Pollard-—-Clipping.jpg)
![Madeleine Vionnet-brand dormiente](https://www.adlmag.it/wp-content/uploads/2024/01/madeline-vionnet-1920.jpg)
Parigi-1912 apre i battenti maison Vionnet, la casa di moda che rivoluzionò per sempre il concetto di donna. Una vita lontana dal circolo elitario dell’alta moda parigina porterà la sarta francese ad una visione assolutamente innovativa del settore. Gli abiti non devo costringere le donne, ma avvolgerle e muoversi come l’acqua secondo Vionnet. Le sue creazioni sono ispirate al mondo ellenico, all’antica grecia e alla Roma degli imperatori. Crea abiti attraverso la tecnica del moulange: modelli da una caduta straordinaria oggi irripetibili. Lotterà contro il bustino insieme a couturier come Chanel e Poiret cercando di portare avanti una visione libera e sciolta della figura femminile. Sua l’intuizione del taglio in sbieco orientato in diagonale di 45° rispetto alla direzione di trama e ordito. Un nuovo sistema sartoriale che permette la creazione di abiti dai tagli morbidi sfruttando l’elasticità del tessuto. I suoi laboratori arriveranno a contare più di mille dipendenti e le sue silhouette getteranno le basi per tutta la moda del ‘900. Stilisti moderni come Gianni Versace, negli anni ’70/’80, dichiareranno di essersi ispirati alla genialità di questa donna per le loro creazioni. Corre l’anno 1939 quando la sarta si ritira dalla scene chiudendo la casa di moda che ha plasmato la nuova idea di donna.
Sorelle Fontana
![Sorelle Fontana](https://www.adlmag.it/wp-content/uploads/2024/01/Sorelle-Fontana-_Collection-Haute-Couture-_Printemps-_-Ete-1949.jpg)
![Sorelle Fontana-brand dormiente](https://www.adlmag.it/wp-content/uploads/2024/01/Ava-Gardner-wearing-a-dress-by-Sorelle-Fontana-1954.jpg)
Dopo aver narrato la storia di come tutto è iniziato all’ombra della Torre Eiffel è il momento di spostarsi in Italia. Nella periferia romana nasce il trio di sorelle che arriveranno fino alla Casa Bianca per raccontare la storia del “made in Italy”: stiamo parlando delle sorelle Fontana. La griffe nasce nel 1943, a Roma, in via Liguria. Il duro lavoro delle tre sorelle e la loro innata eleganza porteranno la sartoria ad essere la più importante tra quelle romane. In un’epoca in cui Roma viveva anni molto ferventi con la nascita di Cinecittà le sorelle riescono a vestire i volti più noti del cinema mondiale, nonché tutta l’alta borghesia romana. Tra i più importanti nomi vantati dalla sartoria Fontana ci sono Marella Agnelli, Jackie Kennedy, Soraya, Liz Taylor, Audrey Hepburn, Ingrid Bergman, Kim Novak, Grace Kelly, Anita Ekberg e Sophia Loren. insomma tutto il jet set voleva vetsire gli abiti delle sorelle Fontana. Diventeraano loro le ambasciatrici della moda italiana nel mondo sostenendo l’importanza delle imprese locali e rappresentando l’Italia, nel 1953, alla conferenza “La moda nel mondo” tenutasi alla Casa Bianca. Con il tempo il concetto di sartoria va scemando in favore delle collezioni industriali e la griffe romana viene venduta 1992.
Roberto Capucci
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All’inizio degli anni ’50 su Roma si affaccia un altro grande volto della moda italiana oggi pressoché dimenticato: Roberto Capucci. Non un semplice designer (come lo chiameremmo oggi) ma un vero e proprio artista che fa della moda il mezzo per comunicare la sua arte. Non rimane incastrato nei rigidi schemi commerciali del sistema moda: i suoi abiti sono creazioni d’arte che presto abbandoneranno le passerelle per essere esposti nei musei. Uno straordinario uso del colore ed una divertente sperimentazione nelle forme contraddistinguono le creazioni di Capucci che sfileranno, prima al Pitti, poi nel circolo della couture francese. La sua notorietà nella città dell’amore lo porterà ad aprire un’atelier al numero 4 di Rue Cambon. Dopo la migrazione a Parigi torna in Italia e a Roma intreccia la sue creazioni con il mondo del cinema, vestendo attrici come Silvia Mangano. Negli anni ’80 si allontana dalla moda e decide di esporre le sue collezioni solo nei musei, forte della convinzione di creare molto più che abiti.
Walter Albini
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Siamo negli anni ’70 a Milano e se c’è qualcuno a cui dobbiamo dire grazie per la nascita della moda italiana è proprio lui: Walter Albini. Colui per cui è stato coniato il termine “stilista”. Il neologismo (oggi di uno comune) che indica la figura che si occupa di indirizzare il gusto e lo stile di una griffe. Grazie a lui esiste il pret-a-porter come lo intendiamo oggi, ha l’intuizione di fondere l’industriale con la moda costruendo il sistema su cui si fonda il “made in italy”. In ogni stilista che ha fatto grande la moda italiana milanese c’è un pizzico di Walter Albini. Lavora con tutti i grandi della moda internazionale, sposta il focus italiano da Firenze a Milano e, nel 1973, presenta la sua prima linea uomo donna che prevede una collezione “da passerella” (più scenica) e una per il largo consumo. Inventa il total look e l’immagine da divo eclettico dello stilista allontanandolo dalla figura del sarto. Tutto ciò che oggi è strutturale nel mondo della moda è opera sua. Una grande mente creativa, ma anche imprenditoriale fondante per la nascita della moda italiano che oggi tutti sembrano essersi dimenticati.
foto: Pinterest