21 anni e un sogno: quello di vivere per la moda, la sua moda. Matteo Indovina è un designer emergente di cui presto sentirete parlare. Nel suo Fashion Lab prendono vita mostri in denim che hanno già fatto breccia nel cuore del mondo street. Avete presente lo zaino di Drefgold al concerto di Drillionaire? Opera sua.

Matteo, a soli 21 anni hai deciso di aprire una realtà tutta tua, cosa ti ha ispirato?
Inizialmente realizzavo abiti per me stesso, il mio approccio alla moda è da autodidatta. Da solo ho imparato a cucire, ad usare la macchina ecc. Ho iniziato ad indossare questi jeans realizzati da me e ho visto che avevano un riscontro positivo dagli altri, mi sentivo rappresentato dai capi che creavo e allora ho pensato di ampliare il progetto.
Come definisci questo progetto? Lo possiamo definire un brand?
In realtà preferisco considerarlo un laboratorio di destrutturazione e ricostruzione. Io parto da deadstock e capi usati per dargli nuova vita con lo scopo di abbassare l’impatto ambientale dell’industria della moda, nel mio piccolo.
Possiamo considerare quindi l’upcycling uno dei focus point del tuo laboratorio?
Assolutamente sì! Nell’ideazione del mio laboratorio ho voluto dare largo spazio alla sostenibilità e alla personalizzazione. Continuiamo a comprare capi e gettarli via dopo pochi utilizzi e questo è un peccato. Dovremmo imparare maggiormente a riutilizzare quello che abbiamo e questo è quanto cerco di fare.

I tuoi capi sono tutte creazioni uniche e personalizzate, come credi questo possa dare valore al tuo progetto?
Questo è quello che chiede la generazione z oggi e quello di cui io stesso ho bisogno. Distinguersi dalla massa, avere quel qualcosa in più che annienta l’omologazione. Da me questo è possibile, partendo da un capo che il cliente non usa più studiamo, insieme, una nuova customizzazione che lo rende unico e affine alla sua personalità. Si tratta di una collaborazione, un rapporto bilaterale.
Come mai utilizzi principalmente denim e da dove lo prendi?
Il denim è uno dei tessuti la cui realizzazione è estremamente dispendiosa per l’ambiente. Si stima che per produrre un paio di jeans si utilizzino circa 3800 litri d’acqua. Allora quello che mi riprometto di fare è cercare di dargli la vita il più longeva possibile. Il mio laboratorio, infatti, non produce denim, ma lo ricicla acquistandolo al chilo da stock second hand o invenduti.
Il punto più alto della tua giovane carriera è stato sicuramente realizzare lo zaino per DrefGold per il concerto di Drillionaire. Raccontaci come è successo.
Si è trattato di un fatto abbastanza casuale in realtà. Un giorno, mentre facevo altre mille cose, ho pensato quanto sarebbe stato bello se un artista come DrefGold avesse indossato una mia creazione e allora ho deciso di scrivergli. Conoscendo il personaggio sapevo che gli sarebbe potuto piacere il mio stile. Ci siamo sentiti su Instagram e lui mi ha promesso che avrebbe fatto fare qualcosa di speciale a questo zaiono, senza dirmi cosa. Mai avrei pensato di vederlo su quel palco.
Quali emozioni hai provato?
Avrei voluto essere lì anche io. Un’emozione indescrivibile, vita vera direi. Il mio zaino su quel palco davanti a più di 15.000 persone…beh niente da aggiungere.

Ci sono altri artisti che ti piacerebbe vestire?
Certo che sì! E qualcuno ha già anche bussato alla porta, ma non rivelo nulla. Se devo dire un nome che proprio vorrei facesse parte del mio mondo non ho dubbi: Sfera Ebbasta
Lo zaino in questione ritrae un mostro che ricorre spesso nelle tue creazioni. Qual è l’alfabeto simbolico della tua moda?
E’ vero il tema dei mostri e delle corna ritorna molto spesso nelle mie creazioni. Anche il mio logo in realtà, che a prima vista può sembrare un semplice punto di domanda (in riferimento al mio cognome “Indovina”) porta con se una parte di questo mostro. Se spezzato infatti la parte superiore è la stilizzazione di una macchina da cucire mentre quella inferiore un corno del suddetto essere.
E quale significato ha questo mostro?
Significa tutto e niente. Si tratta di una figura che mi sento affine. Talvolta è il mostro del riciclo, altre il simbolo di una rabbia intrinseca verso un mondo che non mi rispecchia. Un simbolo di rivoluzione e resistenza di chi vuole cambiare le cose.

Dove ti vedi nel futuro? Vorresti, per esempio, prendere parte a quel mondo della moda patinato degli eventi in fashion week?
Senza alcun tipo di ipocrisia certo che vorrei partecipare alle settimane della moda, anzi sto proprio lavorando ad una futura sfilata. Benché non veda così affine a me quel tipo di realtà mi piacerebbe poter avere quello spazio per portare qualcosa di mio, di nuovo senza la necessità di gareggiare con un sistema che non mi rispecchia.
Chi identifichi come tuoi maestri?
Io mi sento parte della cultura street e quindi non posso che ammirare chi ha permesso a questo tipo di realtà di entrare nella moda: Virgil Abloh. Il fautore di quel cortocircuito che permette di far entrare in contatto il mondo della moda con quello reale. Senza di lui molto di ciò che c’è oggi non esisterebbe.