La linea premium del brand Ecoalf ci propone un cappotto interamente fatto a mano con lana autoctona. Lo fa con Made in Slow, un progetto nato per preservare e riportare in vita l’artigianalità. I capi sono in lana 100% merino proveniente dall’antica pratica della transumanza.
Ecoalf nasce nel 2009 con l’idea di creare un brand di moda veramente eco-sostenibile. Javier Goyeneche, fondatore, credeva che la cosa più sostenibile che si potesse fare fosse smettere di usare senza scrupolo e pudore le risorse naturali. Insomma, non fare un consumo eccessivo e spropositato delle stesse. “Riciclare può essere una soluzione se fossimo capaci di creare una nuova generazione di prodotti riciclati con la stessa qualità e design dei migliori prodotti non riciclati”.
Javier, anche noi ragazzi della moda vorremmo una soluzione come questa! Basta eco-capi posticci, dacci il vero cruelty-free di qualità, ti preghiamo! E se questa era la visione nel lontano 2009, oggi, 12 anni dopo, la missione è la stessa ed è ancora più forte e chiara di prima. Javier sa che il nostro pianeta è messo maluccio e sa anche che è il momento di fare qualcosa a riguardo. Il fashion è una delle industrie di beni di consumo più grande al mondo e anche la più inquinante. Javier ci dice anche che, secondo lui, il tempo in cui il fashion era solo un bel look e nient’altro è finito. Javier, quanta ragione!
Il brand ha quindi una chiara idea di qual è la situazione inquinamento e si rimbocca le maniche da sempre. Dal 2015 ha recuperato più di 1.450 tonnellate di spazzatura dal fondo dell’oceano, grazie alla collezione “There is no Planet B®”. Per ogni capo della collezione acquistato, il 10% è donato alla fondazione Ecoalf per Upcycling the Oceans, un progetto che ha unito più di 4.200 pescatori per ripulire il fondo dell’oceano. Ecco come Javier ci dimostra che la moda non è solo un outfit ben riuscito, ma anzi diventa un modo per salvaguardare il mondo. Raga, non c’è più scusa che regga, possiamo e (dobbiamo) essere più sostenibili tutti. Senza dover andare in Antartide con le spedizioni, basta una t-shirt!
Nel 2021, dopo anni di ricerche e sviluppo di diversi tessuti, il brand lancia una linea premium, sempre super sostenibile: Ecoalf 1.0.
La linea unisce le forme minimaliste e i colori neutri con filamenti tecnici che hanno il più basso impatto ambientale sul mercato. Il nostro Javier ha portato a casa anche un titoletto non da poco. Nel 2022, il brand ha ottenuto il riconoscimento “Best For the World”, posizionandosi in cima al 5% dei 5.000 brand B Corps in tutto il mondo! Vi spiego: diventare una certificata B Corporation significa avere i più alti standard sociali e ambientali al mondo, un bel soprannome da farsi affibbiare.
Ma ritornando alle collezioni del brand, Ecoalf 1.0 è sicuramente la più interessante. Con l’ultimo progetto, la collezione ci propone un ritorno all’artigianalità. Il brand vuole riportare in vita una tradizione, quasi persa: la transumanza. I pastori spagnoli, ogni anno, spostano i greggi da un pascolo all’altro seguendo il ritmo delle stagioni. No, nulla a che vedere con la gita fuori porta in campagna nell’agriturismo del Gianpaolo, è roba seria questa. Ecoalf 1.0 riprende questa tecnica e la preserva creando il progetto “Made in Slow”. Il progetto ci presenta un cappotto interamente fatto a mano. I capi sono tutti in lana merino 100% proveniente dalla transumanza. Questa antica tradizione è caduta in disuso ed è quasi scomparsa a causa dell’industrializzazione, quindi ancora una volta Ecoalf si riconferma un brand interessato a preservare non solo il mondo, ma anche i suoi costumi.
Ritornare a questo processo riduce i procedimenti industriali e aiuta a preservare la biodiversità. Io lo so che non ve ne intendete nulla di queste cose, per cui vi faccio un brief veloce. Durante la transumanza le pecore percorrono fino a 800 km lasciando un impatto positivo lungo il cammino. Infatti, spostandosi di pascolo in pascolo, le pecore mangiano erbacce che possono far da miccia a incendi, fertilizzano la terra e trasportano i semi che rimangono incastrati nella loro lana, portando vita in terre non coltivate. Una vera e propria catena di montaggio della sostenibilità, una figata dai!
Comunque non finisce qui, perché la lana è totalmente lavorata a mano. Infatti gli artigiani si riuniscono in piccoli villaggi in Spagna, Paese dove la transumanza mette le radici più antiche e anche casa madre del brand. La lana arriva in questi villaggi dopo essere stata tosata in Estremadura e Léon, due comunità autonome della Spagna. Poi viene portata a Abejar, un villaggio vicino a Soria, dove viene lavata e pettinata. Dopodiché viene mandata in Catalogna per diventare filato tramite un processo meccanico che garantisce la morbidezza e l’alta qualità del filo. Viene poi spedita a Léon dove viene lavorata a mano pezzo per pezzo. E c’è un’altra chicca…
Ogni pezzo avrà un codice QR che traccia il gregge di provenienza e il villaggio dove è stato creato, rigorosamente a mano.
Tanto lo so che queste cose vi piacciono e siete già pronti a vedere con l’amica se avete il cappotto dello stesso gregge.
Non so se avete recepito la qualità… A me questo artigianato e questa tradizione danno un senso di esclusivo che mi fa voglia di rifare il guardaroba totalmente Made in Spain, o meglio total Ecoalf.
Emma Sabatini @emmapalindroma
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