In occasione della Milano Fashion Week, MG Atelier Folleria ha presentato una nuova chiave della visione dello stilista Mirco Giovannini e del suo luxury knitwear. Il filo sostenibile è il protagonista che, punto dopo punto, crea capi unici e raffinati.
Cullo da un po’ di tempo una riflessione che è maturata ancora di più ora, alla fine del lungo mese di settembre dedicato alla presentazione delle collezioni SS 2024.
La riflessione mette al centro i direttori creativi che si trovano in un momento particolarmente complesso. Vivono infatti in un periodo in cui la moda è prigioniera di marketing e fatturati. E vale per tutti, per i grandi nomi così come per quelli piccoli e indipendenti che – forse ancora di più dei grandi – devono vendere per sopravvivere e per non sparire fagocitati dal sistema.
Ci sono poi tanti direttori creativi che si trovano alla guida di brand dotati di archivi importanti lasciati da fondatori di prima grandezza. E questi direttori devono porsi un quesito che, sicuramente, toglie il sonno: quanto guardare a tale archivio? Quanto attingere? Come citarlo – e onorarlo – senza però restarne schiacciati?
«Il problema in questi casi è che guardare troppo la storia di un marchio e raccontarlo può far cadere non nell’ambiente della citazione ma nel mondo del citazionismo». Così scrive un sempre arguto Michele Ciavarella nel suo articolo per Style Magazine parlando di Daniel Roseberry e della collezione SS 2024 Schiaparelli presentata a Parigi. E io sono d’accordo con Ciavarella.
Ed è un problema che si presenta non solo per un designer che entra in una maison storica che porta un nome altrui, ma anche per chi, dopo un lungo percorso, deve continuare a interrogarsi su come mantenere sempre contemporaneo il proprio nome, il proprio marchio e il proprio messaggio.
Tutto ciò si applica alla persona della quale desidero parlare oggi, Mirco Giovannini, e al suo progetto più nuovo, Atelier Folleria.
Classe 1968, riminese di nascita e con un diploma di moda in tasca, Giovannini ha iniziato collaborando con diversi marchi e aziende del lusso, da Versace a Jean Paul Gaultier. È salito alla ribalta durante l’edizione 2006 del concorso ‘Who’s on Next?’. Si è fatto un nome come stilista di maglieria di lusso grazie alla sua notevole creatività e alla conoscenza delle tecniche artigianali tradizionali che padroneggia con grande maestria.
Forte delle esperienze come designer in maison blasonate, ha deciso di realizzare il suo sogno: lanciare la propria linea. Da allora, ha lavorato incessantemente alla costruzione e anche all’evoluzione del suo brand. Ed è così che, nel 2021, insieme all’amico Gianluca Marchetti, eclettico e instancabile imprenditore romagnolo, ha dato vita al nuovo progetto Mirco Giovannini Atelier Folleria.
Il nome è già di per sé un manifesto, è una dichiarazione di intenti. La passione – oppure ossessione – per il bello e il ben fatto di Giovannini assume, attraverso Atelier Folleria, forme in perenne divenire. Con una costante: il filo. Letteralmente.
La lavorazione dei filati è, come dicevo, uno dei punti forti del lavoro di Giovannini. Con il progetto Folleria, lo stilista ha sposato sempre più sostenibilità e innovazione, lavorando con materiali alternativi.
Il filo sostenibile è dunque il vero protagonista di capi raffinati e mai banali che diventano senza tempo. No season e anche gender fluid, visto che molti capi ben si prestano a essere interpretati e resi propri dalla persona che li indossa, senza fermarsi al genere.
È ben visibile la ricerca sia di punti texture sia di filati speciali come il filo da pesca utilizzato per creare volumi tridimensionali e chiffon trasparenti che lasciano intravedere il corpo. Sempre parlando di sperimentazione, c’è anche un filato ottenuto dalla tomaia delle sneaker.
Nella collezione convivono stile barocco e ispirazione futurista, moderno e antico. Volumi ricchi e ampi si alternano a capi aderenti che accarezzano il corpo. Non mancano forme, lavorazioni e finiture che da sempre rappresentano la cifra stilistica di Giovannini. Cito per esempio le maniche a sbuffo, le forme a uovo, il plissettato, le ruche.
L’ispirazione dei colori nasce dall’incontro tra la visione di Le Corbusier, il celeberrimo architetto e urbanista svizzero-francese, e quella di Mirco Giovannini. Il cromatismo vira così da tinte come écru e nero fino a colori luminosi come il giallo fluo.
Ogni capo è realizzato da mani sapienti nel cuore della Romagna, regione meravigliosa nella quale territorio, cultura, cibo, arte e moda si uniscono per dare vita al Made in Italy più autentico. Tecnici e modelliste riescono a creare meraviglie per cui servono settimane di lavoro.
E così torno al mio quesito iniziale: come si guarda a un percorso importante e come lo si onora senza però restarne schiacciati?
Mirco Giovannini ha trovato la risposta e la strada. Perché ha trovato la giusta collocazione per la sua maestria. È riuscito a ritagliarle un posto (meritato) nella contemporaneità. Tra sostenibilità, logica no season e qualche guizzo gender fluid.
Se volete seguire il suo lavoro, qui trovate il profilo Instagram.
All images are courtesy of Mirco Giovannini