Un vecchio proverbio recitava “copia copiassa l’esame non si passa”, ma a quanto pare oggi non è molto in voga fra gli stilisti, che invece sembrano superare gli “esami” a pieni voti, proprio scopiazzando dai loro colleghi. A questo punto sorge del tutto spontanea la domanda: quanto è eticamente professionale tutto ciò?
Prima di avere una risposta, se mai riusciremo ad averla, è giusto analizzare quanto accaduto. Torna al centro del ciclone la Maison Balenciaga, capitanata da Demna Gvasalia, che se nel 2017 era stato citato in causa da Ikea per avere copiato la famosa Frakta (la shopper Ikea del valore di 60 centesimi), questa volta viene citato da Arbre Magique. Già avete capito proprio bene, il geniale Demna Gvasalia, noto per individuare oggetti iconici della cultura popolare e di rielaborarli in chiave ironica e decisamente luxury, questa volta ha ben pensato di fare un portachiavi, venduto alla modica cifra di € 180.00, che ricorda decisamente l’alberello profumato che è stato ospitato nelle macchine di intere generazioni. Inutile dire che la Car-Freshner Corporation and Julius Sämann Ltd, ovvero la mamma del noto alberello, non ha preso di buon grado lo sfruttamento della silhouette del figlioletto, ovviamente non autorizzata, e ha fatto causa a Balenciaga.
Ma a quanto pare non è Demna l’unico che ama scopiazzare, altro designer ad essere tirato in causa e ad essere stato accusato di aver copiato, ma questa volta ha copiato un suo stesso lavoro, è Hedi Sliman, attualmente direttore creativo di Celine, e noto negli ultimi anni per far cadere accenti e “pezzi” di nomi ai brand. Già perché dopo aver privato la griffe francese Saint Laurent di Yves, questa volta priva Celine della “e” accentata e indovinate indovinate porta sulla passerella della sua prima collezione per Celine un abito che aveva già presentato quando era direttore creativo di Saint Laurent. Vi lascio immaginare lo scalpore e l’indignazione che ha provocato ciò fra gli addetti ai lavori e le arpie della rete pronte a cogliere il primo passo falso, per poi metterlo alla pubblica gogna su i social.
E se di arpie della rete vogliamo parlare come non citare il profilo instagram più temuto dai designer, stiamo parlando dell’unico ed inimitabile Diet Prada. La nota pagina instagram si prefigge infatti il compito di smascherare le copie di lusso: ed ecco allora foto e foto che ritraggono gli oggetti incriminati. La lista sarebbe molto lunga ma giusto per citarne alcuni ecco allora comparire l’accusa verso Balmain che scopiazza il logo di Laura Biagiotti, Burberry che trae ispirazione dalla camicia stampata di Prada, MSGM che ripropone una giacca da marinaio identica nelle silhouette a quello di Jean Paul Gaultier.
E ancora Dsquared che prende libera ispirazione dalle scarpe di Alexander McQueen e neppure il buon e caro Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, ne riesce ad uscire fuori incolume e viene accusato, in occasione della Cruise 2018 di aver copiato un bomber con puff-sleeved e monogramma di Louis Vuitton. Ma questi sono solo alcuni esempi, potremmo andare avanti per ore e forse giorni.
A questo punto nasce spontanea una riflessione: siamo arrivati veramente al punto in cui per far parlare di sé è necessario attingere agli archivi altrui? È realmente possibile che i creativi non riescono più a creare qualcosa di nuovo per soddisfare le richieste di orde di fashionisti assetati di beni di lusso? Servirà forse un principe azzurro che con il bacio del vero amore risveglierà la creatività ormai da troppo tempo caduta in un sonno profondo? Tanti quesiti e poche risposte. Possiamo forse accettare l’appropriazione culturale, il tornare ciclico dei corsi e ricorsi storici della moda, vittime ormai dell’eterno ritorno restiamo ingabbiati negli anni ormai passati e probabilmente fra 10 anni vestiremo ancora come nel 1992, ma possiamo realmente accettare che maison di moda ci propongano copie di lusso?
Eticamente e d’impulso ci verrebbe di rispondere di no, di trattare con rispetto la creatività e di ridare dignità alla moda, ma sappiamo anche che le regole le detta il mercato e se il mercato vuole questo, beh chi siamo noi per poterlo giudicare?
Nicola Ievola
Docente di Accademia del Lusso